I patron di una volta sono impagabili, vanno dritto al problema e per loro i problemi sono in funzione di una… brillante soluzione. Ne ha per tutti in una bella intervista rilasciata al giornale “La Provincia di Varese” il Cavalier del Lavoro Renzo Cimberio sponsor di lungo corso col cuore in mano, una tonnellata di simpatia, la visione dello sport come team e dell’investimento.
Entrato di diritto nella galleria del basket varesino fra i più amati, sta sfogliando la margherita: rimango, non rimango? Fosse per lui, forse non ci sarebbe questo dilemma, ma il motore dell’economia va a singhiozzo, certo che investire nel basket di questi tempi è un rischio, e non solo per la crisi: “In questo momento non posso dire di sì”.
Poi c’è la scelta della squadra. Quest’anno è stata una delusione, fuori dai playoff, sbagliate le scelte, facce tristi e saccenti, la gente però chiede spettacolo: “Pozzecco è il ragazzo giusto per quell’entusiasmo che si trascina dietro e ci vuole uno come lui per non far perdere nemmeno un abbonato fra quelli che abbiamo conquistato con gli indimenticabili”.
E poi le dimissioni di Cecco Vescovi da presidente, perché uno che ha sbagliato ha il dovere di metterci la faccia, non andare da un’altra parte, magari se ti offrono il ruolo presidente di Lega per tirare a campare coi vecchi sistemi, gestire tutti i club quando sei il più forte e il più ricco e mettere in quel posto, a seconda delle occasioni, un parafulmine o una testa di legno che guadagna quanto un manager di stato, mentre occorrerebbe un presidente neutrale per dargli un taglio netto o uno delle 16 che si assuma l’onere di farlo in prima persona. Un personaggio carismatico come Alfredo Cazzola ai tempi, e quindi ben venga il signor Proli uomo forte di Armani in azienda. Ma che non pretenda di passare il foglietto delle istruzioni alla nuvola di passaggio, che se ne sono già viste troppe negli ultimi anni e col vasto campionario di debolezze tanto che la Nemesi ha scaricato grandine e il raccolto lì da vedere. I granai sono vuoti e la gente è sfiduciata, siamo alle sponsorizzazioni dei giornalisti, ai ballon d’essai come se bastasse un uomo a cambiare le cose, mentre sono da rottamare le solite facce, le persone che vestono due-tre giacchette, i roditori, chi mette zizzania e quelli che agitano la macchina del fango per screditare il prossimo e fare affari e affarucci. “Cecco non vada a fare il presiedente, non è il momento”, ammonisce Cimberio e ha ragione a consigliargli di non saltar giù dalla barca, non tenere il broncio come faceva fin da quando era giocatore, ma prendersi le sue responsabilità per ricostruire la squadra e l’ambiente. Varese è un capitale dello sport italiano.
E poi c’è anche una storia da Madoff, come è stata presentata da gente in divisa che probabilmente è entrata nel basket proprio perché aveva capito che non se ne poteva più, perché la gente chiacchierava, sapeva e nessuno del basket faceva nulla. Perché se viene arrestato un presidente che ha vinto 8 scudetti più tanti altri titoli e il giorno stesso gli inquirenti convocano la stampa italiana al gran completo squadernando ai giornalisti tre fogli fitti di capi d’imputazione e slides agghiaccianti nelle quali si parla di stecche, una partita di giro che succhia il 30 per cento del capitale, di bancarotta fraudolenta aggravata, di associazione per delinquere, di frodi fiscali, fatture false e a volta senza prestazioni, di organizzazione criminale e di un disegno di arricchimento a livello personale, uno si chiede: ma come è potuto succedere? Siamo sicuri che i 14 club su 16 che l’hanno votato presidente di Lega quando i soci della Mens Sana srl hanno denunciato i propri amministratori per bancarotta fraudolenta aggravata e falsa comunicazione sociale” non sapessero? Tanto da far dire a un dirigente dopo l’arresto del personaggio da loro scelta “siamo tutti allibiti, aspettiamo di sapere quel che è successo”.
A meno che la Procura e la GdF non abbiano preso un abbaglio come qualcuno vorrebbe ancora credere (e noi per primi che amiamo questo sport e l’abbiamo servito con onestà intellettuale e passione), o si pensasse che ha ragione Orwell a dire che siamo spiati, se non è una delle tante storie da “Scherzi a Parte”, se la nomination ufficiale del presidente del CONI il 12 dicembre 2012, un mese prima di tornare nel basket lanciata attraverso un giornale (“Minucci è il miglior dirigente italiano”) non è avventata quando tre giorni dopo scatterà, su ordine della Procura, l’operazione Time Out con perquisizione nell’abitazione del principale accusato e dei collaboratori con un sequestro di 1,250 milioni in contanti in una cassetta di sicurezza e documenti, allora cerchiamo di riflettere sulla saggezza questo “Cavalier Cimberio Renzo” imprenditore lombardo vecchio stile, alla Giovanni Borghi. Quando erano i danèe la molla del boom e non in controllo totale, quello sì orwelliano, cinico, di tutto il movimento.
Minucci? “Minucci non mi è mai piaciuto e non l’ho mai nascosto, mi spiace che Varese l’abbia votato, quando mi hanno chiesto il mio parere era no. Diciamo che Varese ha vinto era la più forte. Diciamo così”.
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