Per quel che riguarda gli Spurs devo dire che provo sempre una sorta di sacro, silente rispetto nei loro confronti. Certo, le vittorie segnano il successo di un progetto sportivo e anche la possibilità di continuarlo nel tempo…ma proprio il tempo ha donato a tutto il “mondo Spurs” una sorta di alone mistico, composto prima di tutto dal rispetto che viene loro tributato da chiunque ami lo sport chiamato basket.
Per questa stagione, oltre al consueto prender nota dell’anno in più del trio dei grandissimi Parker-Ginobili-Duncan, la curiosità sta nel vedere che tipo di progressi farà Kawhi Leonard.
Se dal terzo al quarto anno migliorerà nella stessa proporzione con cui è migliorato dal secondo al terzo non oso pensare che razza di giocatore avranno tra le mani in Texas nel prossimo aprile.
Gli Spurs hanno anche un’ altra unica caratteristica nel loro dna: che si tratti di un giocatore, un coach, un esperto nel migliorare un aspetto specifico del gioco e del coaching, dall’ allenatore delle meccaniche di tiro all’uomo che raccoglie, raggruppa, setaccia i dati statistici e biometrici di ogni giocatore per fornire allo staff informazioni precise ed innovative – bene, ogni anno, per migliorare e aggiungere non solo nuovi tasselli ma anche nuova e diversa cultura al loro interno, a San Antonio si impongono una sfida da vincere. Quest’ anno essa è rappresentata da coach Messina e coach Hammon.
Sono due figure di provenienza almeno inconsueta, un Italiano (per quanto abbondantemente esperto e di successo) e unA coach, ma di certo non sono stati scelti a caso e offriranno un contributo pe sviluppare ancora meglio la fantastica macchina degli Speroni.
Una sfida pare averla alla fine vinta anche Austin Daye. Il figlio di uno dei giocatori più dominanti mai visti nel campionato italiano è, al terzo tentativo, riuscito a fare la squadra nella NBA con contratto garantito, e non in una fanchigia qualunque: avesse anche solo 3 minuti in tutta la stagione, complimenti Austin. Complimenti anche a JaMychal Green, autore di una Summer League extralusso, ma non esattamente il tipo di giocatore che ha facilmente accesso alle palestre di Coach Popovich: si tratta del classico incrocio tra elicottero e pterodattilo, giocatore energetico a dir poco, ma, se lo han tenuto, anche di QI cestistico non comune. Buona fortuna anche a lui, dunque: è molto probabile che venga trascinato verso un titolo NBA.
Ultimo pensiero per Marco Belinelli, di cui si è detto tutto e che durante la off-season ha dovuto ripetere centinaia di volte le stesse cose: vi evito noia e retorica patriottica, limitandomi a fare al Beli solo un segno con le dita: il numero 2.