L’esito di Vanoli Cremona – Germani Brescia ci consegna due realtà opposte: da una parte, una squadra vera, più forte degli infortuni e della panchina corta; squadra che, raccolti i cocci di un periodo nero, li ha rimessi assieme col collante della tenacia, della fame e – da ultimo – del talento indubbio di cui è dotata. Dall’altra, una squadra che veramente squadra non è mai stata, capace di illudere con fiammate inattese – come successo una settimana fa in quel di Pesaro – salvo rispolverare frettolosamente i mali endemici che la affliggono dall’inizio della stagione: abulia, poca fame, mancanza di cuore e di lucidità. La Vanoli vista ieri è – di fatto – quella vista tante volte, troppe, quest’anno. A sostenerla un PalaRadi vibrante come di rado avviene, un ambiente carico, che ha riassaporato la possibilità di “farcela”, dopo la straordinaria vittoria di Pesaro. Un PalaRadi – scriviamolo a chiare lettere – reso incandescente anche dai 400 bresciani presenti, che hanno tifato incessantemente e con correttezza, prima, durante e dopo la partita. In questo contesto, la squadra che avrebbe dovuto sputare l’anima pur di vincere, ha ammainato bandiera bianca di fronte a un avversario che ha fatto ciò che va fatto in questi casi: giocare di squadra, con grande attenzione sui due lati del campo, concedendo ai propri uomini di spicco lampi di puro talento, ma con parsimoniosa concretezza. Perché così vincono le squadre vere: la giocata spettacolare serve ad esaltare il collettivo, non il singolo. Ecco: alla Vanoli di ieri – complessivamente – è mancato questo “fondamentale” nell’approcciarsi alla gara. A poco serve scaricare responsabilità su questo o quello, ma – certo – Turner ne esce a pezzi, dopo l’eccellente prova di Pesaro: sacrificato in una improbabile marcatura su Luca Vitali, è stato cancellato dal campo da un superbo Moss. Lo stesso capitano Mian, che pure ha speso più di qualche energia in difesa, è risultato inconcludente in attacco. Banalmente, vale la pena ricordare che se due tiratori non segnano (Turner 1/6, Mian 0/6), non si può dire che abbiano giocato bene, neppure se chiamati ad un super-lavoro difensivo (dagli scarsi risultati complessivi anche quello, dati gli 86 punti concessi a Brescia). Anche il resto della squadra non ha brillato: Johnson-Odom e Biligha sono i soli del quintetto base ad aver interpretato correttamente la gara; troppo poco per una squadra che deve salvarsi. Dalla panchina, Gaspardo ha dato un ottimo contributo, distinguendosi per il 5/6 totale al tiro (e il 100% dalla lunetta). Ieri, però, sarebbe servito ben altro: contro un avversario quadrato e ben organizzato, sarebbe stato necessario vedere dieci uomini in canotta bianca con la bava alla bocca, uscire dal campo con ginocchia e gomiti sbucciati, ma la vittoria in tasca. Invece si sono visti i soliti musi lunghi e teste basse, durante il mesto rientro negli spogliatoi. Ancora una volta, in sala stampa Lepore ha affermato che quella vista “non era la partita che volevamo giocare, non era la partita che era stata preparata”. C’è poco da commentare.
A margine della partita in questione, pesa come un macigno la vittoria di Pesaro a Brindisi, ottenuta all’over time. Ora la Vanoli è nuovamente ultima in classifica, alla vigilia di una trasferta davvero proibitiva in irpinia, mentre la compagine marchigiana ha un’inerzia positiva che la porterà ad affrontare in casa una Caserta ormai tranquilla, dopo la vittoria su Torino. Insomma: ora come ora la salvezza è un miraggio, per la Vanoli. Certo, ancora tutto è possibile, ma preoccupa il linguaggio del corpo dei giocatori di Lepore: molti di essi sembrano “scarichi”, probabilmente col pensiero rivolto ai prossimi ingaggi, più che alla permanenza in serie A della Società. E’ brutto dirlo, ma la sensazione è questa. I sostenitori biancoblu sperano di essere smentiti sul campo, più che dalle dichiarazioni rese alla stampa dai diretti interessati. Perché – si sa – l’ultima parola è quella del campo.