La NBA onora Martin Luther King jr con un programma quasi tutto pomeridiano, e magliette MLK per tutte le squadre.

MADISON SQUARE GARDEN, NY. PHILADELPHIA 76ERS 113 – NY KNICKS 119 (2OT)
Nel giocare con la Ish Smith Era ci eravamo dimenticati che si incrocia con un’altra epoca, di poco posteriore: la MDA (Mike D’Antoni) Era. Da quando al caro vecchio Mike è stato affidato il ruolo di Commissario della panchina di Brett Brown, i Sixers portano in campo sia i corpi che le teste, e il risultato è che sembrano una squadra di basket. Il MLK Day al Madison Square Garden ha confermato la linea, e concesso un bello spettacolo agli intervenuti. Non cercate gemme in questa partita ma grinta. Quelli che forse son stati i due migliori in ciascuna squadra hanno tirato 8/28 (Ish) e 7/28 (Melo). Due magie di Ish (16+16 ass, suo career high nei servizi al tavolo) hanno illuso i Sixers, ma una tripla di Melo (19-7-7, ma perché non hanno fatto fallo? Misteri della tattica NBA..) ha mandato tutti al primo OT sul 96. Il secondo Cinqueminuti è stato invece strappato dai Sixers grazie ad un’altra tripla, ma fortunosissima, di Covington (3/7 nella specialità): di tabella con la palla che ha anche toccato un po’ del supporto parallelepipedo del ferro sganciabile. Dopo, benzina finita per i Sixers, che però hanno avuto tanti buoni segnali: da Noel 18+13 con 3 stoppate, 2 delle quali su Melo, è stato il pilastro difensivo della rimonta) e dalla panchina, con Okafor (20+7) messo giù a fine terzo quarto e mai più ritornato sulle tavole; sono scelte forse tecnicamente sbagliate, ma psicologicamente necessarie: danno la misura dei limiti che non si possono superare (ad esempio 20pti con 20 tiri e 2 soli rimbalzi, come spesso accaduto) e del fatto che si sta giocando in una franchigia che ora vuole davvero progredire. Intanto, è da poco diventato ufficiale che Joel Embiid, prima scelta di Phila nel 2014 salterà anche questa stagione per i noti problemi al piede. Infortunio alla caviglia anche per Porzingis (16-12-4 con 3 stoppate) fuori da metà ultimo periodo.

TIME WARNER CABLE ARENA. UTAH JAZZ 119 – CHARLOTTE HORNETS 124 (2OT)
Se me lo avessero chiesto a bruciapelo avrei risposto tranquillamente che Kemba Walker aveva avuto in carriera un paio di 50+ games. Invece no, e un 50+ game non era mai stato giocato da nessun Hornet. Ecco perché i 52 (con 9r e 8a) di stanotte sono il career high di Kemba e il massimo di qualunque Calabrone, con ciaociao al record (45) di Glen Rice Sr.Il primo OT lo hanno agguantato i Jazz con una tripla di Burke, e Charlotte ha avuto, con Kemba, la palla per evitare il secondo. Utah ha sprecato una buona occasione, e in questo ha avuto un ruolo enorme anche la difesa di Batum, capace di annullare Hayward nel quarto periodo e nelle due estensioni (in ogni caso 36-5-9 per l’ex di Butler U.). Senza GH i Jazz son vissuti sul citato Burke (25-3-2) e Gobert (14+14), ma sono arrivati corti. Detto di Kemba e del Francese, resta da citare il MVP occulto, ossia Gregarione Marvin (Williams) leader psicologico e vocale di questi Hornets.

VERIZON CENTER, WASHINGTON DC. PORTLAND TRAILBLAZERS 108 – WASHINGTON WIZARDS 98
Altro mattone aggiunto al muro su cui far campeggiare la scritta: Terry Stotts for the Coach of the Year Award 2016. I Blazers son stati aiutati certo dalla serata-no di John Wall (9-2-10, con 4/17 al tiro e partenza da 0/9), ma la solidità della squadra dell’Oregon e la capacità di sfruttare ogni minima occasione per mettere W nella apposita colonna è davvero encomiabile. Con D-Lill abbastanza silente (16-2-6) hanno starreggiato CJ McCollum (25-2-2) e Mason Plumlee (10-11-7): il membro dell’ultimo Team USA non è cero uno fermo, ma neppure una vera star, e la sua bella prova è l’ennesima dimostrazione della zavorra difensiva che affligge i Wizards nella persona di Marcin Gortat.

FEDEX FORUM, MEMPHIS. NEW ORLEANS PELICANS 99 – MEMPHIS GRIZZLIES 101
Non casuale che una gara tra queste due città sia stata programmata per il Martin Luther King Day. Non avete bisogno di lezioni di storia per sapere quanto abbiano significato New Orleans e Memphis, nel bene e nel male, per la lotta dei neri alla conquista degli elementari diritti di ogni essere umano. Punto a punto per tutta la gara, la differenza l’ha fatta un piccolo strappo dei Grizzlies ad inizio quarto periodo. Randolph riportato in quintetto (aumentano le voci sulla partenza di Jeff Green) e il ritorno di Conley ricostruiscono i BigThree di Memphis (Mike 15+10a, Zach 8+8r, Marc 16-10-6). Al cospetto di Gasol, Davis mette 21+8, un po’ timidamente.

THE PALACE, AUBURN HILLS. CHICAGO BULLS 111 – DETROIT PISTONS 101
Le protagoniste del quadruplo OT di Dicembre si ritrovano a The Palace, e prevale Chicago. Mattatore di serata Pau (31-12-3 con 3 stoppate), che stanotte ha segnato da fuori con la stessa naturalezza con cui noi umani respiriamo, mettendo in pratica al meglio un game plan che evidentemente aveva lo scopo di portare in giro per tutto il campo il povero Bimbone (13+16), costretto anche a un fallo su una tripla che lo ha fatto impazzire. Per D-Rose 20 con 17 tiri, e per Detroit tutto il quintetto in doppia cifra, ma pochissimo dalla panchina.

PHILIPS ARENA, ATLANTA. ORLANDO MAGIC 81 – ATLANTA HAWKS 98
Brutto periodo prolungato per Orlando. Coach Skyles e i suoi, dopo averci veleggiato sopra anche con una certa abbondanza, ora sono caduti al 50% di record. Per risollevarsi dal momento-no, la Philips Arena non era certo il posto più adatto, sulla carta, e gli Hawks hanno confermato le previsioni con una gara sempre dominata. La gara persa da subito ha almeno convinto il coach dei Magic a far giocare Aaron Gordon (18-7-3 con una stoppata e solo 9 tiri, per 27 minuti di gioco). 13+12 del solito Millasp per gli Hawks.

AIR CANADA CENTER, TORONTO. BROOKLYN NETS 100 – TORONTO RAPTORS 112
Ordinaria amministrazione per i Raptors, aggiungendo anche un po’ di brivido per la partenza lanciata dei Nets in una delle notti in cui JJ ne aveva voglia (22-5-7 con solo 12 tiri), forse stimolato dall’Arena che ospiterà l’All Star Game 2K16. Un quarto periodo di pura autorità e nemmeno troppa fatica portava però la W ai ragazzi di coach Casey. 30 Lowry e 31 DeRozan nei Raptors, e oltre a JJ nei Nets Gemello Brook aggiungeva altri 29pti e altri 10r alla sua positivissima stagione.

QUICKEN LOANS ARENA, CLEVELAND. GS WARRIORS 132 – CLEVELAND CAVS 98
Ahio. Ahiahio. Brutta pesante caduta dei Cavs: casalinga, senza scuse, e contro i primi della classe che li han battuti nelle scorse Finals. I Cavs son stati subito sotto e di parecchio, ma il momento della disfatta è giunto tra la seconda metà del secondo quarto e l’inizio del terzo, quando il divario raggiungeva il trentello (74-44 con ancora 23 minuti circa di gioco). Se volete qualche numero diremo dei soli 21 minuti e soli 5 tiri e solo un canestro di Kevin Love panchinato per disperazione, o del 3-11 di Kyrie, del -34 di plus/minus di LBJ; se volete episodi allora come dimenticare il flagrant two (e relativa espulsione) di JR Smith che ha cercato di asfaltare Barnes con i suoi Cavs già sotto di 35? 35 di steph (MVP della scorsa stagione) e 20 di Iggy (MVP delle Finals) per ribadire enfatizzando i “classici” le dimensioni di una superiorità che non pare certo essersi affievolita.

AA CENTER, DALLAS. BOSTON CELTICS 113 – DALLAS MAVS 118 (OT)
Le storie dentro questa gara? Rick Carlisle contro la squadra dove ha giocato e vinto un Titolo: 1986, a parte il Titolo ha significato esser parte di quella che forse è stata la migliore squadra dell’era moderna. Jae Crowder che torna a Dallas dove ha giocato e dove, anzi, NON giocava: torna come uno che sta bussando con convinzione al primo livello NBA, e ovviamente come candidato al Most Improved di quest’anno. D-Will vs Marcus Smart: all’inizio della scorsa stagione, una volta in preseason e una in novembre, il rookie Smart ridicolizzò D-Will in versione-Nets; il veterano (20-5-6) non ha mai dimenticato quei due episodi, e da allora ha sempre giocato con l’animo al vetriolo contro il ragazzo (20-8-3), che, altra storia altro ritorno, è Dallas-native. La partita è stata tiratissima, ha confermato la sindrome da ultimo quarto che attanaglia i Celtics, sindrome della quale i Mavs non hanno avuto pietà. A meno 6’ dalla fine, Boston sopra di 6, Nowitzky (31+11) & Co. hanno piazzato un break di 14-2 che ha ribaltato le sorti della gara. Il supplementare è stato conquistato da Boston più che concesso dai Mavs, ma nei 5 minuti in più Dallas ha segnato 20 punti impossibili da eguagliare per questi Celtics “desperately go-to-guy-needing”: AB ha provato ad esserlo, ma le percentuali (6/16) lo han rispedito al mittente. Nonostante ciò una fase bellissima di OT ha visto consecutivamente le seguenti triple: D-Will, Smart, D-Will, Dirkone, Olynyk. Boston, dopo, a meno 5, e da lì in poi è stata la classica battaglia dei liberi senza sbavature decisive. Old School Pachulia nei Mavs tira ancora meno che a Milwaukee ma fa tagliafuori come quasi nessuno (5+19).

STAPLES CENTER, LOS ANGELES. HOUSTON ROCKETS 132 – LA CLIPPERS 140 (OT)
Riedizione della serie di PO maledetta, per i Clippers, dello scorso anno, quando Houston, sotto 3-1 riuscì a buttar fuori 4-3 Clippertown, resa grande favorita ad Ovest dall’aver eliminato gli Spurs Campioni. La frazione di Paperopoli ha comunque provato a perdere anche questa: +14 a inizio quarto periodo, con Houston tenuta fino ad allora a 80. +10 a 2’ dalla fine, spazio di tempo in cui, a nostro parere, e nonostante le stats da lustrarsi gli occhi, sono stati tolti, da air-balls e giochi in totale isolamento, altri argomenti a coloro che sostengono la eccezionalità di CP3 (28-6-12 con 6 recuperate). Dall’altra parte, due triple impossibili e un lay-up di Marcus Thornton (23-3-5) erano la benzina che costruiva la potenziale beffa per Clippertown. Houston entrava nel supplementare avendone vinti 11 consecutivi, e tutto lo Staples aveva sentore di sfortunato dejà-vu. Per fortuna le prime tre azioni, tutte a segno, erano CP3-less e costruivano il cuscinetto di punti che i Velieri avrebbero conservato fino alla fine. Harden 20-3-8, i Rockets hanno sbagliato 19 tiri liberi, ma solo una piccola parte di essi (4) è stata mancata da Howard, dominatore sottocanestro con una prestazione vintage da 36+26. Mai visto, invece, un JJ Redick così: career-high a 40, record di triple a 9/12 e anima glaciale dalla lunetta nei momenti brutti del finale dei regolamentari (7/7 e 9/9 totale).