Ieri, per ingannare il giorno di attesa, abbiamo stilato i quintetti redazionali del primo turno.
Ogni giocatore ha avuto due punti per la nomina al primo quintetto e un punto per la nomina al secondo. Non ci sono troppi giocatori di T-USA, anzi. Ecco i quintetti e le motivazioni: La stragrande maggioranza (in pratica tutti a parte KD e Radulica) dei giudizi presenti sono del collega Luca Morucci, con mie rare aggiunte. Buon divertimento!
PRIMO QUINTETTO.
Kalnietis – Mills – Bojan Bogdanovic – Anthony – Gasol
MANTAS KALNIETIS. Torneo da chirurgo. Anche nell’imbarcata subìta vs la Spagna è stato il solo a non perdere la testa e il confronto con le guardie avversarie. Impressiona per quello che raramente ha avuto: lucidità. In materia di precisione, sagacia ed esecuzione delle scelte probabilmente uno dei migliori del Torneo. 19 punti e 8 assist di media per l’unico militante nel nostro campionato che si stia mettendo in luce.
PATTY MILLS. Il miracolo dei Boomers, battuti soltanto dagli Statunitensi, arriva in gran parte dalle mani dell’esterno di San Antonio. Contro chi si porta la medaglia da casa, Patty ne ha infilati 30 portando i suoi vicini a qualcosa di ancor più miracoloso. Secondo miglior realizzatore della fase a gironi, in attesa di tornare in Texas a subentrare a uno che sembra non crederci?
BOJAN BOGDANOVIC. E’ inguaribilmente poco atletico, e dimostra 5 anni in più di quelli che ha. Ma è il faro illuminante e la boa di sicurezza della spedizione croata, che tra grandi prospetti e buoni elementi già formati prenota il futuro avendo giustificate pretese anche sul presente. Miglior realizzatore del torneo con una costanza offensiva che non gli è mai mancata, a differenza di altre doti che potrebbero fare di lui un campione assoluto.
CARMELO ANTHONY. Il Dream Team è decollato solo in parte. La fratellanza idem e fa eccezione Melo, utilizzatore finale di qualunque cosa fatta a spicchi. E’ l’unico finora ad aver onorato in pieno la spedizione olimpica, un uomo a caccia di un record prontamente battuto. Superato almeno una volta LeBron, Anthony è ora il miglior realizzatore dei migliori di sempre ai Giochi Olimpici. Ha tenuto a farlo sapere con dichiarazioni un po’ troppo enfatiche circa l’importanza dei Giochi: che le Olimpiadi sono più di un Titolo NBA. E’ ovvio che non ci creda nemmeno lui, ma intanto da Los Angeles, Chicago, Cleveland i suoi amiconi del Draft 2003 hanno alzato il sopracciglio e iniziato a sghignazzare sguaiati. Che tipo Melo, ma anche che giocatore.
PAU GASOL. Pallido, elegante, vagamente sdegnoso. Pronto al sorriso sardonico quando (cioè secondo lui praticamente sempre) gli arbitri fischiano male in suo sfavore. Il ritratto di un Principe russo uscito dalla penna di Puskin, solo che questo gioca per la Spagna, è miglior rimbalzista del Torneo e secondo solo a Durant per percentuale di tiro dall’arco. Le cinque bombe contro la Lituania nel replay della finale europea hanno fatto sembrare tutto più facile. Se il fisico non è più giovanissimo, perché non imparare a tirare da 3 a 36 anni?
SECONDO QUINTETTO
Teodosic – Campazzo – Saric – Durant – Radulica
MILOS TEODOSIC. Arrivi a Rio per giocarti le Olimpiadi, ti trovi sotto di 5 ad un minuto e mezzo dalla fine contro team USA… Cosa fare? Ovvio! Penetrazione, finta e passaggio no look in salto all’indietro per il tiratore sull’ala. Se Bogdanovic (Bogdan) avesse onorato a dovere quel pallone avremmo potuto sperare nel miracolo serbo, ma anche senza la tripla abbiamo assistito ad uno dei passaggi più spettacolari della storia dei Giochi. Non ce ne vogliano Kyrie nè Matty, ma il playmaker serbo non poteva mancare nei quintetti ideali (anche se di mid-term) di un torneo marchiato FIBA.
FACUNDO CAMPAZZO. Il più giovane degli incredibili argentini non può sottrarsi al titolo di “meno vecchio”. E’ però moto perpetuo, anima e dynamo, protagonista e trascinatore: in particolare della battaglia vinta contro il Brasile (31-4-11). Quando uccella ripetutamente il pallido Marcellino Huertas prendendogli rimbalzi, tempi, canestri sulla faccia. Il suo nome in italiano significa “di molte parole”, ma è anche guardia di tanti fatti. Si fa amare al punto che la FIBA lo registra come “alto” 181 cm, piazzandolo un paio di cm più in alto del compagno Laprovittola. Basta guardare l’esecuzione degli Inni per accorgersi che Laprovittola è più alto di Facundo, e che il nostro play tascabile ha le dimensioni di uno Stipcevic. Di uno normale. Di uno di noi. E come fai a non tifare?
KEVIN DURANT. Nomination difficile, ma nel ruolo non ha avuto grossa concorrenza. Avremmo potuto mettere in campo un Secondo Quintetto con 3 esterni per premiare Dellavedova, o uno con 3 lunghi veri per dare il riconoscimento a Bogut, ma abbiamo mantenuto la classicità del line-up, e così KD non può mancare. Il rivale più vicino è stato Maciulis, ma il Lituano è calato enormemente dopo le prime 3 gare quasi perfette. Pigro in difesa? Sì, ma il metro del successo di T-USA sarà lui. Per ora ha impressionato per la facilità con cui può giocare in 1 vs….aggiungete voi la seconda cifra, da 1 a 5. Lui esegue.
DARIO SARIC. Iniziare l’Olimpiade stoppando Gasol in cerca del pareggio non è cosa da tutti. Il carnefice dell’Italia ha mostrato una maturità incredibile per un ventunenne, stesso dicasi per la personalità e la grinta. Approfittiamo di Rio per godercelo in pieno, perché dalla prossima stagione andrà ad arricchire un front-court costipato di (presunte) promesse, e Saric potrebbe attraversare giorni non allegri nella franchigia che ad oggi ha fatto della perdente tanking-culture una ragion d’essere. Allo staff di Phila l’appello di non farlo sparire, perchè se lo rovinano stavolta li andiamo a cercare, e non saremo simpatici. Saric non sempre ha giocato benissimo, non sempre è fluidissimo avvicinandosi al ferro, ma è il puntello che porta il rimbalzo o il canestro quando lunghi o guardie non funzionano; che sia poi lui il vero cervello di una Croazia priva di veri registi, beh questo lo si sapeva, anche prima che le sue meningi aprissero la scatola Azzurra.
MIROSLAV RADULICA. Boa e spesso terminale delle azioni serbe, centro classico di post basso o post alto e stop, ma giocati di lusso. Non lo vedrete “galleggiare” lievelieve per il campo: una ventata di tradizione a cui si allaccia bene il gioco serbo, capace di condurre i 24 secondi in modo da farli sembrare infiniti ai difensori. Il fresco acquisto di Milano sta mostrando sugli altri centri una superiorità fisica contrastabile solo dai due acronimi USA: DMC e DAJ. La sua stazza essenziale e redditizia anche nell’epoca dello small ball si rivela una carta vincente ad alto livello. Ha la faccia cattiva, e in effetti non è giocatore tenero, anche se ha pause difensive che Sasha Djordjevic ha dimostrato di saper gestire. Lo attendiamo con ansia in Italia, anche perchè siamo curiosi di vederlo alle prese coi nostri grigi, tradizionalmente molto sensibili ai risvolti meno tecnici e più “relazionali” della gestione delle partite.