Siamo qui per il report sull’ultima triade di notti NBA, ma l’attualità urge.

Derek Fisher, aka D-FIsh, aka ex Presidente della Associazione Giocatori, non è più il coach dei New York Knicks. Lo ha bruciato l’uomo del quale Fisher era un fedelissimo, Phil Jackson. Al suo posto un altro fedelissimo di Jackson, Kurt Rambis. Il motivo? Probabilmente le 9 sconfitte sulle ultime 10 gare, che hanno allontanato seriamente NY dalla Playoffs Picture. Oppure il lavoro di lima di Rambis. Oppure la sensazione che D-Fish fosse troppo indipendente rispetto al mentore Phi-J: triangle offense, infatti, se ne vedeva pochina, da dicembre in poi. Se Rambis è un interim di puro rimpiazzo è possibile che i Knicks diano vita a qualche trade, anche ad effetto. Se invece Kurt è subentrato per restare, allora si parlerà di movimenti per la off-season (non dimentichiamo che i Knicks al Draft sceglieranno…..mai, perché non hanno chiamate a disposizione). E, a proposito di trades, la stagione esplosiva di The Unicorn Porzingis ha causato in parte il presente stato di cose ai NYK, perché, dopo lo sfacelo dello scorso anno, improvvisamente la squadra è diventata troppo forte per perderne nove su dieci, ma anche non abbastanza forte da poter rinunciare a migliorarla…e allora, con il Magico Lettone in roster, anche Melo potrebbe partire.

Torniamo a Sabato, quando James Harden si metteva le scarpe per 33-8-3, ma la sua produzione era circa il 40% di quella di tutti i Rockets, e allora arrivava facile il KO vs i Blazers (D-Lill 21-4-10). Gli Hornets ritornavano sul filo del 50% battendo i Wizards (Batum sfiorava la tripla-doppia a 26-11-9); Pacers e Cleveland, rispettivamente battendo Pistons e Pelicans, interrompevano le loro strisce perdenti (mini quella dei Cavs, seria quella di Indiana), mentre, nel confronto tra derelitti dell’Est, i 76ers battevano i Nets con un finalmente grande Okafor a 22+17 e 3 stoppate..Bargnani 2-2-2 in 9 minuti.
Nonostante i 42+20 di Randolph+Gasol e i sorprendenti 17+11 di Matt Barnes, i Grizzlies soccombevano all’OT vs i Mavs, spinti da Parsons (26-8-4) e D-Will (22-2-11); sempre ad Ovest i SA Spurs avevano di nuovo comprensione dei Lakers nell’ultima visita di Kobe ad Alamo e li tenevano sotto soltanto 106-102. Chi non riesce a vincere è Earl Watson, che alla guida dei Suns perdeva anche vs i Jazz, ma sta almeno facendo fare esperienza alle giovani speranze del back-court Booker e Goodwin, così che il reparto guardie sarà frequentato da parecchi compratori da ora fino alla prossima stagione. Senza Butler e Mirotic i Bulls non riuscivano a giovarsi dei 25+8 di Gasol e dei 18-5-10 (ma 20 tiri…) di D-Rose al Target Center contro i Lupacchiotti con le Due Torri Dieng (24+13) e Towns (26+17). Bulls, privi anche di Rose, perdenti la notte dopo, a Charlotte, e precipitati al settimo posto della Eastern. Nello scontro di vertice della nottata, GS vinceva vs OKC alla Oracle, in una partita che metteva in drammatica evidenza la carenza del roster dei Thunder per le battaglie di altissima quota; in questi scontri coach Donovan trova sì e no 4 o 5 giocatori capaci di tenere il campo: dei 9 schierati han segnato solo in 7, e solo in 7 han servito assists; in 4 (KD, RW, Adams, Kanter) han segnato 93 dei 108 pti finali; in 3 (togliete Adams dal precedente elenco) han segnato più di 5 canestri.

La Domenica era votata al SuperBowl, la NBA giocava tutta nel primo pomeriggio, e solo 4 erano le gare, ma un paio di esse importanti per i risvolti di classifica implicati. La W ad altissimo punteggio (128-119, 186 tiri per le squadre) dei Celtics in casa contro Sacramento e la contemporanea sconfitta di Atlanta ad Orlando (buzzer beater pazzesco di Vucevic da fuori, over Horford) portavano i Celtics al terzo posto della Eastern, festeggiando nel migliore dei modi Isaiah Thomas per la chiamata all’ ASG e per la nomina a Player of The Month di Gennaio della Conference Orientale. Tra Sacramento e Boston nella terna arbitrale figurava Tony Brothers: ricordatevi di lui, perché ora che Joey l’Elmetto andrà in pensione sarà T-Bro il peggior arbitro NBA. Nella gara RR (14-5-15 con 6 recuperi) non sfigurava davanti al suo ex pubblico, ma a farla da padrone era Bradley (25 con 6/7 da 3), mentre il Beli partiva alla grande per poi perdersi (4/4 per cominciare, 7/17 alla fine); Boston stabiliva il record per maggior numero di punti in un quarto, il primo: 46, prima il record era di GS, per due volte a 44.

Il Lunedì tornava fitto di gare (10) e di supplementari (3). Il primo vedeva gli Hawks di nuovo perdere dai Magic con Vucevic ancora bellissimo (28-14-6) e un grande Aaron Gordon (12-10-3 in 28 minuti); il secondo trovava Clippertown costretta a rincorrere anche 19 punti di svantaggio per avere ragione dei Sixers (Jerami Grant 17+11 con soli 7 tiri); il terzo favoriva i Blazers sui Grizzlies, preoccupati per l’infortunio di Marc Gasol al piede destro, un problema che potrebbe essere di lieve entità ma non deve essere sottovalutato. Brutte notizie per il Gallo (24-3-7), che si prendeva in faccia la tripla impossibile con cui JJ batteva la sirena per regalare ai Nets la W sugli increduli Nuggets.

Con ancora in mente le mani nei capelli di Danilo, passiamo alle gare di stanotte.
AA AIRLINES ARENA, MIAMI. SA SPURS 119 – MIAMI HEAT 101
Solo tre anni fa questa era la Finale. Ora gli Heat accolgono rassegnati in partenza la visita degli Spurs, e si consegnano loro senza troppa resistenza. I 20 di Wade e i 18 di Bosh sono una specie di pro-forma, mentre Whiteside continua a partire dalla panchina lasciando il quintetto al veteranone Stoudemire. Il recente acquisto Udrih gioca spesso meglio di Dragic pur avendo metà del suo talento a disposizione, in una comunque costante Slovenian connection nel back-court degli Heat.

MSG, NEW YORK. WASHINGTON WIZARDS 111 – NY KNICKS 108
Male la prima per Kurt Rambis. Come spesso nelle ultime 10 sconfitte, i Knicks beccano un parzialone, per risorgerne e farsi poi beffare sul più bello. Stanotte si sono affidati forse un po’ troppo a Melo (ma, d’altra parte, se hai Carmelo lo hai proprio per dargli gli ultimi palloni) che ha ripagato con pochi punti e troppi ferri e palle perse nel finale, arrivandoci stanco, ma in ogni caso 33+13 per lui. Washington ha confermato, Wall(28-5-17) + Beal (26-3-2) a parte, la propria scarsa consistenza: 106-96 Wizards a 90 secondi dalla fine, 106-105 a 10 secondi dalla fine, con gli uomini di Capitol City aiutati un po’ dagli arbitri (una rubata pulita di The Unicorn su Wall chiamata fallosa). Coach Wittman la porta a casa, ma il suo roster sarà da rimodernare, soprattutto sottocanestro. Ammesso che Wittman sia il coach di Washington anche nella prossima stagione.

BRADLEY CENTER, MILWAUKEE. BOSTON CELTICS 111 – MILWAUKEE BUCKS 112
Questa sconfitta rende I fans dei Celtics non troppo furiosi, perchè è tipica del modo di essere di Boston. Un po’ come l’Arsenal o l’Inter, la Fortitudo: quelle squadre spesso troppo amanti dello sfidare il destino per poter cogliere sempre tutti i frutti del proprio lavoro. Brevi cenni di stanotte. Boston in visita al Bradley (ricordatevi il nome, ok?) Center con 9 W sulle ultime 10. Milwaukee li attende cerbiatta con due sole campagne vincenti nelle dieci più recenti. Boston guida, ma i Bucks hanno due sugli scudi, entrambi dal pino: Monroe (29-12-3 con 2 stoppate..27 nei primi 36 minuti), che appare in una di QUELLE SUE notti, in cui dal post basso danza come Nijinskji e segna come Chamberlain; l’altro è MCW (16-6-5), che Kidd fa partire dalla panchina in una sorta di prolungata “punizione formativa”: Carter-Williams è forse la pg più fisica della NBA, ed è in teoria l’uomo giusto per contrastare la inarrestata corsa Gennaio-Febbraio di Isaiah Thomas . MCW ottiene l’obiettivo, e fa faticare molto non solo IT ma chiunque si trovi sotto la sua sorveglianza. Il +1 dei Celtics at the half non fa presagire nulla di quello che nel terzo quarto si tradurrà in un 40-20 per i Cerbiatti, con Boston capace di arrivare a 90 secondi dalla fine del periodo a 18 palle perse, proprio lei che, di turnovers provocati, vive e guida la NBA. Inizia il quarto periodo. Sotto di 19, e con quelle 18 buttate sul groppone, i Celtics tolgono i Bucks, tornati cerbiattissimi, dal parquet. Rimontano, agganciano con due liberi di Olynyk per un fallo non intelligentissimo di Bayless a 1 secondo dal termine. Rimessa Bucks, un secondo da giocare…che fai? Tutto tranne che fallo. Invece i Celtics falleggiano! Bradley (nome, ricordate?) su Middleton. Primo dentro, secondo apposta sul ferro e ciaociao, con gioia infinita dei Bucks e faccia “non sono io non sono qui non sono io non sono qui…” di Brad Stevens. AH, palle perse totali di Boston alla fine: 18, fate voi i conti.

AA CEMTER, DALLAS. UTAH JAZZ 121 – DALLAS MAVS 119
Rodney Hood, secondo anno, da Duke, sg, alla vigilia del Draft 2014 era uno pubblicizzato e invece è finito dietro a un mare di gente. Contate che non è certo uno scarso fisicamente, essendo una guardia di oltre 2 metri. Eppure, prima di lui son stati chiamati al n. 8 Stauskas, che non infila un canestro da Dicembre, al 17 James Young, che di ruolo è sf ma ha quasi le stesse misure di Hood e fa o panca o D-League ai Celtics, al 19 Gary Harris, che si barcamena a Denver, al 22 Jordan Adams che fa le veci di pupazzetto in fondo alla panchina di Memphis. Poi, al 23, finalmente, lui. Incomprensibili davvero i meccanismi del Draft. Hood (29-5-5 e nessuna persa in 43 minuti) sta imperlando la sua carriera NBA di prestazioni come quella di stasera. L’eroe finirà per essere Hayward (20-5-4 ma 20 tiri), autore del buzzer-beater che ha messo a letto i Mavs, ma il supplementare era stato afferrato dell’ex BlueDevil, con una tripla a 14 decimi dal termine. I Jazz sono in striscia positiva di 7 e sono tornati in piena zona PO: hanno mollato al 9’ posto i Blazers e sorpassato i Rockets, e stanno giusto mezza gara dietro gli appena battuti Mavs. Che percentuale date in questa striscia vincente al fatto che sia rientrato Derrick Favors (16-8-6)? Considerate che è tornato dal lungo problema alla schiena il 25/1 vs i Pistons e la galoppata è iniziata il 27/1. Nei Mavs poco dalla panchina: solo il sorprendente Ray Felton di quest’anno ha dato contributo (17-7-5: terzo realizzatore e rimbalzista, secondo assistman dei suoi).

ORACLE ARENA, OAKLAND. HOUSTON ROCKETS 110 – GS WARRIORS 123
FATTORE SBERLE RECIPROCHE. Gara di parziali. 42-27 Warriors nel primo quarto, poi, tra secondo e terzo, GS passa 11 minuti in cui segna solo 2 volte dal campo, dando ai Rockets un vantaggio di 7, che verrà limato fino al 93-93 con cui inizia l’ultimo quarto. I Rockets a 93 restano un’eternità, e saluti a tutti. FATTORE SOLITUDINE. Coach Bickerstaff prova ad alleviare la solitudine di Harden, e nel suo game-plan è evidente l’ordine di andare da Howard 16+15 ma con 12 tiri), ma il centro è troppo altalenante, e bizzoso, e impreciso dalla lunetta (2/10). Quindi altro 37-5-5 (6/10 da 3) inutile di LaBarba, Houston superata da Utah e insidiata da Portland nella PO Picture dell’Ovest. FATTORE KERR. Oltre a Steph (35-5-9) e tutti gli altri, e non dimenticando il lavoro di Luke Walton, vorremmo spendere un paio di istanti per dare a coach Kerr alcuni meriti generali, prima di tutto psicologici. Come non amare infatti un coach che ti dice: “Ci sta uccidendo da 3? Ok, da 3 questi non vanno da nessuna parte”, o “Siamo nel finale ed è una situazione delicata, quindi divertente no?”. Perdonate la relativa scorrettezza del paragone, ma sentendo perle come quelle, mi torna in mente sempre Dusko Ivanovic che sopra di 29 a 4 minuti dalla fine passeggia preoccupato e guarda il campo con l’espressione di uno che ha appena ricevuto una feral notizia.