Una piccola rubrica del meglio e del peggio della manifestazione olimpica.

Iniziamo dal meglio.

1 – COACH K. Il migliore di tutti è il Maestro dei Maestri. Certo aiutato da uno staff di tutto rispetto, con Thibodeau e Boeheim come principali assistenti, staff in cui il terzo è Monty Williams, tornato ad allenare dopo la tragedia che lo ha privato della moglie, Ingrid. Per spiegare come Coach K intenda sua professione basta dire che nella conferenza post medaglia d’oro, il tempo più lungo è stato da lui dedicato a ricordare come la strada delle 88 W in fila abbia avuto inizio. Più che della medaglia ha parlato dell’ultima sconfitta (estate 2006 vs la Grecia). Capito il tipino, insomma. Ricordiamo infine le sue due mosse migliori a Rio 2016, messe in campo ovviamente nei due momenti di maggior rischio. Contro l’Australia nel girone: insistere sadicamente, visto che Leimanis li lasciava in campo, a bersagliare il doppio pivot down under, facendo in modo che Melo facesse scempio oltre l’arco del povero Baynes. Contro la Serbia in finale: spegnere Teodosic mettendo su di lui un difensore almeno altrettanto rapido (di più, in realtà) e infinitamente più grosso ed atletico: un 2.08 su un play di 193, e Paul George ha chiuso la luce alla Serbia.
2 – MILOS. Teodosic, pur annullato da George nel momento decisivo della Finale, ha dimostrato una volta di più la sua sapienza cestistica, ha illuminato le palpebre caduche degli spettatori notturni come iniezioni di adrenalina, ha portato la sua Serbia al massimo ottenibile. Sempre accompagnato, come dall’inizio dell’era Djordjievic in panchina, dal fido scudiero Markovic : che difende per lui, lo allevia del compito di portar su la palla vs il pressing e libera la mente di Milos dallo stress che notoriamente non sa gestire. Pur appunto aiutato dal suo personale Sancho, Teodosic ha fatto anche vedere meno improvvisi attacchi di isteria, quei momenti in cui la vena gli si chiude, e…. In ogni caso, se volesse, un contratto nella NBA lo trova quando vuole, ma, a parte il deficit di atletismo e velocità, la NBA non è cosa per lui: troppo precisa, regolamentata fino ai simboli di 1 cm quadrato nelle divise, troppo inospitale insomma per un divino incorreggibile ribelle.
3 – LE GENERAZIONI USCENTI. Manu e Navarro, Nocioni e Scola, Gasol e Reyes, Bogut e Calderon, Parker e Rodriguez, Giovannoni e Gelabale. Tanti grandi giocatori nati all’inizio degli anni ’80 hanno disputato a Rio la loro ultima Olimpiade. Forse non tutti hanno chiuso con la Nazionale (Bogut e Reyes per esempio), ma è un fatto che in Brasile si sia chiusa un’epoca. E tutti, anche coloro che non hanno ottenuto gran risultato di squadra, hanno salutato nel modo migliore, con prove da veri Campioni.
4 – GIOVANI CROATI. A Rio abbiamo visto Saric-Hezonjia-Babic, ma nella fascia 19-24 anni (e ricordando che nei paesi slavi a 19 anni non sei più un giovane nel senso in cui lo intendiamo noi) la Croazia è messa discretamente. I tres amigos hanno giocato un gran Torneo Olimpico, e a loro si aggiungono, tra i primi che saltano in mente senza nemmeno pensarci: Katic (la pg che mancava in Brasile, classe 1992), Bender (quarta scelta assoluta NBA al Draft 2016, appena diciottenne), Marko Arapovic (figlio d’arte), Ante Zizic, 212 cm appena scelto dai Celtics col numero 41.
5 – MILANO. Sorpresi? Non dovreste. I giocatori presenti e futuri di Milano hanno tutti giocato delle buone Olimpiadi. Kalnietis ha giocato, addirittura, il miglior basket della sua vita. Radulica ha fatto sfoggio di post basso e alto come pochi, e ha saputo persino tenere a freno il caratteraccio. Simon forse non ha sempre brillato ma nei momenti buoni della Croazia la sua impronta c’è stata, e Macvan ha fatto vedere una volta di più come andrebbe usato per enfatizzare le sue doti e tamponare i difetti. In attesa del Campionato, la EA7 ha avuto di che rallegrarsi.

Ed ora il peggio, dal quasi sufficiente al gravemente insufficiente.

5 – GIOVANI ARGENTINI. Tanto grandi le Glorie, forse troppo. Forse la loro aura ha persino rimpicciolito la percezione di quel che valgono le nuove leve argentine. Brussino, Garino (futuro Spur), Delia e Deck non hanno dato molti motivi ai tifosi argentini per vedere il futuro particolarmente rosa. Certo in giro si vede di peggio, però…
4 – JIMMY BUTLER. Il peggiore tra i Maestri. Davvero deludente, e chiusura in linea con la sua manifestazione: in panchina con un brutto colpo al volto. Forse era impreparato al livello di competizione, forse pensava già alla stagione coi Bulls che si annuncia interessante quanto complicata, con l’arrivo di due compagni di squadra ingombranti come Dwayne Wade e Rajon Rondo. Forse sono vere le voci che lo vogliono in trade verso Boston. Come che sia, davvero un torneaccio per Jimmy-B.
3 – IL NUOVO MONDO. Se ci attendevamo sviluppi e miglioramenti, siamo rimasti delusi. Atleti africani e cinesi continueranno ad andare nella NBA o nei campionati europei, ma i movimenti nazionali di Nigeria e Cina hanno fatto davvero poco a queste Olimpiadi. Della Nigeria si può dire che manca totalmente di disciplina tattica (il che è comprensibile se il tuo back up pg è Akognon….), riguardo la Cina si potrebbe osare l’opposto: mai un guizzo di genio. In Asia quello cinese resta il movimento leader, ma non siamo sicuri che la ricchissima Lega nota come CBA sia soltanto positiva come volano del progresso: infatti sono continue le notizie di giocatori USA che vanno a trovare contratti lì e si mettono a segnare 50 a partita, come successe un paio d’anni fa al Bobby Brown della Mens Sana. E’ il segnale di un livello medio dei giocatori indigeni assai basso. Aggiungo che si rimane colpiti, data la giovane età media del roster olimpico cinese, dall’enorme numero di mesi spesi in lista infortunati da quei giocatori. I motivi risiedono anche in fattori esterni al basket, come il notevole squilibrio di ricchezza (e di conseguenza anche squilibrio nutrizionale) tra le fasce della popolazione; resta però davvero impressionante, e, di certo, un problema che la CBA dovrebbe prendere in carico da subito. In Africa, invece, secondo noi, pur non sempre qualificati per ovvie ragioni di posti disponibili, i movimenti migliori sono quelli di Senegal e Angola. La Nigeria è un immenso serbatoio di giocatori, ma, forse anche per ragioni derivanti dalla enorme quantità di tribù, etnie e relative rivalità, non è davvero ancora un movimento compiuto.
2 – BRASILE. Che delusione. Che suicidio. Il calcio ha vinto. La pallavolo e il beach hanno vinto. Le altre squadre se la sono cavata al meglio per quello che potevano. La sola compagine carioca a deludere davvero alle Olimpiadi è stata quella dei canestri. Per colpa anche di scelte discutibilissime del coach Magnano (ironizzando potremmo dire che ha agito da quinta colonna argentina..), che riassumiamo brevemente in: troppo, troppissimo Huertas, troppo poco Raul Neto, troppo poco Cristiano Felicio, difesa indecente. I più positivi sono stati i meno viaggiatori: Benite, Giovannoni e Lima. Huertas disastroso, Nenè troppo alterno, Barbosa idem, Marquinos inadeguato a certi livelli.
1 – TELECRONACHE. Parecchio basket in TV, ed è stato un bene. Ma non lo stesso diremmo del livello del commento. E’ vero che, per quanto brutto possa essere, la partenza di un Gran Premio di F1 genera il maggior livello di contatti televisivi perché si spera sempre che capiti qualcosa. La eventuale sconfitta di T-USA avrebbe avuto più o meno lo stesso effetto: avrebbe generato interesse, ed aperto una storyline di commento abbastanza facile ed immediata, data la “portata dell’evento”. Tifare apertamente contro gli USA però non è stata secondo noi una mossa azzeccata, anche perché spesso accoppiata ad un commento poco preciso. Vale sia per il torneo maschile che per quello femminile. Dopo un passi non fischiato a Brianna Stewart, mentre il commento gridava allo scandalo e al fatto che gli USA “sono già forti senza il bisogno di aiuti”, una giocatrice spagnola faceva due jab-steps col destro e due col sinistro, intervallati da una finta di passaggio, senza che nulla venisse fatto notare. Così come non è vero che Paul George sia 202 cm, ma 6 in più. E via enumerando. I contatti col basket NBA non sono necessariamente frequenti per tutti, ma quando avvengono si dovrebbe essere preparati. E il povero Jokic ha dovuto metterne 25 agli USA prima di venire giudicato non per la non eccessivamente (vero) brillante mimica facciale, ma per quanto fatto in campo; fino a diventare, in finale, addirittura “eccelente passatore”. Così come dire che Cousins (che tira frequentemente e con discreto costrutto anche da 3 in stagione) “non avrà mai” il tiro dalla media equivale a dire che i delfini sono pesci.