Quando accanto al tricolore dello scudetto si stagliarono il bianco e il nero di Caserta era il maggio del 1991. E il sottoscritto era lì, seduto nella tribuna stampa del palasport milanese, in quella clamorosa gara-5, vinta con Enzino Esposito a bordo campo con un ginocchio in frantumi e con Gentile e Dell’Agnello travestiti da supereroi. Anno di grazia quel 1991, visto che in Campania un trofeo mancava dal 1970 con l’ormai leggendaria Coppa delle Coppe vinta dalla Fides del presidente Amedeo Salerno, di coach Tonino Zorzi e Jim Williams, Carlos D’Aquila e Antonio Errico, Miles Ajken e Sauro Bufalini, Remo Maggetti e Giovanni Gavagnin, oltre ad un imberbe Manfredo Fucile. Tra gli spettatori Mario Maione, allora aspirante dirigente del club e già con il morbo del basket. In un Mario Argento gremito all’inverosimile e con gli spettatori seduti ovunque e addirittura appesi alle balaustre la squadra francese Jean d’Arc Vichy del fromboliere Rudy Bennett finì battuta seccamente (87-65) nel tripudio generale. Anche in quel caso c’ero, tra i bambini del minibasket che fecero un piccolo saggio pre-gara, che poi proseguì nell’intervallo. E seguire poi la partita seduto a terra a bordocampo fu un’esperienza elettrizzante.

A parte quest’impresa eroica a Napoli non s’era vinto alcunché. Qualche buona annata da playoff con De Piano presidente, il basket spettacolo del paron Zorzi tornato all’ovile napoletano, con Mark Smith, Tony Costner e il genio brindisino di Roberto Cordella, pura arte di playmaker. Quindi in ordine sparso gli show con annesse piroette di Walter Berry, i balzi mostruosi di Lee Johnson, il corri e tira di coach Mirko Novosel con Riccio Ragazzi e Max Sbaragli. Piazzamenti, divertimento e soddisfazione. Null’altro.

Per lo più s’erano invece incassate delusioni: la retrocessione in B a fine anni ‘70, la lenta risalita con il Napoli Basket, per non parlare delle strambe stagioni in cui Napoli s’era trasferita a Battipaglia e viceversa, con una spersonalizzazione quasi totale. Quindi l’era puteolana targata Biagio Lubrano, seguita dal pranzo del 19 aprile 2001 in cui il prof Salerno riuscì a mettere intorno ad un tavolo del circolo Savoia, Biagio Lubrano, Sandro Crovetti, Mario Maione e il figlio Giuseppe. Fu allora che avvenne il prezioso passaggio di consegne e nacque la Carpisa del trionfo in Coppa Italia di Forlì 2006, dove Napoli tornò a vincere qualcosa di importante 36 anni dopo continua a pag. 32 di Basket Story #22 


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