Richelieu-Petrucci dorme poco, nel pieno della notte si mette alla scrivania tempestando di missive (inevase) la Lega sollecitandola a scegliere il presidente. Peccato che l’interlocutore istituzionale sia acefalo, anzi, di fatto in “articulo mortis”, tanto che avrebbe chiesto di liquidarla il presidente Toti, “che dice cose sbagliate anche quando dice le cose giuste” ironizza a torto chi lo frequenta. Oggettivamente bisogna convenire che l’impianto dello Statuto, fra l’anti-storico e il bislacco, portava di per sé a questa conclusione. Manca una legittimità piena, designa un presidente nonostante indagini inquietanti e ipotesi di reato pesanti “stoppato” dalla Procura e si avvale di almeno tre voti opinabili: Montegranaro già retrocessa, Varese senza il presidente del consorzio e Siena, casus belli dello sport, che dall’uomo forte è passata al liquidatore che tuttavia non dovrebbe nemmeno stare lì, a meno che faccia apprendistato per procedere a quello della Lega. Si potrebbe, con beneficio di inventario, inserire in questa lista anche Cantù, il club della vicepresidente di Lega cooptata nel governo della Fip – quindi la figura di raccordo istituzionale – che mesi fa ha annunciato di voler passare la mano a fine stagione e messo sul mercato i migliori giocatori.

Il caso Siena è “legittimo” solamente nell’ambito del suddetto Statuto e per il “buon cuore” e l’astuzia di Petrucci che non va mai alla guerra, al punto di rendere una barzelletta le tesi di Sun Tzu se solo scrivesse un libro. Ma le sue lettere adesso, una sull’altra, sembrano sempre più simili a un ultimatum, la pazienza ha un limite.

Il Superlaziale ha fondato il suo lungo regno grazie al talento nei rapporti col potere, senza mai creargli problemi o pestargli i piedi. E questo disse, mi ha raccontato chi c’era, proprio la sera delle due cene parallele alla vigilia della sfida fra il suo ottimo cavallo Pagnozzi e Malagò. Il potere sopisce ma sono utili le amicizie personali coltivate coi patron di vari sport, nel basket Benetton, Scavolini e Armani al quale ha chiesto se non sbaglio, per il prestigio, di fornire le divise della squadra olimpica di Londra quand’era al CONI. Coi “sudditi” pratica invece il “divide et impera” tipico del tramonto della storia romana. Poi ci sarebbe anche il rapporto coi media, perfetto in tutto l’arco costituzionale che nemmeno un presidente del Consiglio o della Repubblica possono vantare.

Stavolta è stimolato però da un interesse in un campo mai praticato, anche se arriva forse stavolta in ritardo ma lui è bravo a far apparire moderno, up to date, quello che fa. Ed è l’unico campo sul quale non ha raccolto grandi successi, la televisione, ma ha battuto sul tempo Minucci che aveva progetti grandiosi nel digitale e nell’etere come commissioner di Lega. Presa la laurea, terminata una breve e brusca esperienza di banca, Minucci ha espresso la sua vocazione nel ruolo di editore, nuove tecnologie, televisione e finito (bruscamente anche stavolta, come per l’impiego) il suo rapporto con Siena, stava infatti progettando un canale televisivo in proprio – cioè di Lega – andando alla guerra con la Rai, invitando gli ingenui baskettari sul sito di Legabasket e non solo, per protestare col servizio pubblico che ha una storia e mezzi e paga pure i diritti di immagine.

C’è adesso che Petrucci diventa il padrone di SuperbasketTv, come potrebbe chiamarsi il canale di nicchia, e avendo bisogno come interlocutore di un presidente forte, ha buttato lì il ballon d’essai di Domenicali della Ferrari …che fa rima con… tanti denari. O in alternativa un simulacro di Lega almeno con un nome spendibile o in sott’ordine al grande manager (Domenicali, appunto), che sicuramente al basket non mancherebbe. Senza fare nomi, sponsorizzazioni né demonizzare candidature, salvo riservarci quando occorre per le prerogative della “libera informazione”. Con tutto il rispetto possibile lanceremo un “bip” quando si cercherà di mettere sulla poltrona (anzi sarebbero due, un presidente e un general manager o direttore generale) un “impresentabile”. Che non va inteso come un insulto, ma perché da tempo dentro la Lega esistono conflitti di interessi, interessi piccoli e grandi, di prima seconda o terza sponda, o situazioni in cui occorre un uomo preparato, super partes, e non il prestanome messo lì dal potente di turno. Come è storia non solamente del ticket di vertice degli ultimi quattro anni che mi dicono sia già al lavoro per riciclarsi.

Richelieu-Petrucci ancora giovanile sa benissimo che – a meno di una riforma-bonifica dello sport di tutti i partiti dell’arco costituzionale, non difficile da realizzare essendo lo sport accettato dai politici come la miglior espressione della società – si potrebbe ipotecare altri quattro anni di mandato e quindi eccolo tuffarsi in questa “operazione Tv “che però presenta costi di un certo livello, fuori dalla svolta di Renzi e di mercato per uno sport fiacco commercialmente per le Tv e oscillante fra i 100-150 mila utenti, salvo quando gioca Milano. Costi insostenibili per riprese di alto livello, trasferte, management, la redazione mentre il suo partner che ha già sperimentato il mezzo, Supertennis, riceve un prodotto confezionato da un’organizzazione internazionale di tornei, ottimo livello di riprese e gare, con un service poco sotto la Formula Uno al quale si può aggiungere un prodotto regionale più modesto cucinato in casa. Ma è convinto anche di avere ricavi e può assorbire comunque le eventuali perdite, perché ha le spalle coperte grazie al Minibasket con un potenziale di 150-200 mila tesserati (e potrebbe essere anche maggiore) e al contributo di federazione olimpica (anche se alle Olimpiadi non ci va!).

Quindi, col suo solito attivismo, vorrebbe subito mettersi al tavolo per trattare l’acquisto dei diritti televisivi delle partite di campionato, magari cooptando nell’operazione come player anche Sky che sembra avesse un veto a qualsiasi operazione con Minucci. In questo modo i soldi della Convenzione non legittima vengono passati ai club per i diritti Tv. Siamo sul filo del rasoio delle norme dello Stato e dei controlli della Corte dei Conti. Che sarà con Renzi Matteo però meno lentopede… Impegnato com’è ad abbattere i costi della Tv nazionale, accetterà mai Renzi il sorgere delle Tv “Federalsportive” finanziate coi soldi pubblici che fanno la guerra e alla Tv pubblica. Uno Stato serio non passerebbe mai questo principio di guerra fratricida.

Inoltre siano sicuri che si possa fare anche nel paese del “fatta la legge trovato l’inganno”? I contributi del Governo riguardano strettamente la preparazione olimpica e la promozione, aiuti alle società (canestri, magliette, materiale didattico, corsi per arbitri, allenatori, dirigenti, etc) e non per le varie Tele-nicchia che spuntano come i funghi. Oggi uno fa presto a dire, “siamo la Tv” senza sapere che un messaggio sbagliato o poco curato è un boomerang e fa diventare “cheap” anche il tuo sport ed è concorrenza sleale.

A proposito di comunicazione, quando è esploso il bubbone Siena, sapete quali sono stati i pochi commenti raccolti dentro la Lega? Stupore e incredulità, se non disinteresse…. E va bene. Ma poi, quando Minucci dagli arresti domiciliari ha spedito una lettera ai suoi (sfortunati? ignari?) datori di lavoro, non si è minimamente discusso là dentro sul significato di questo documento. Nessuno, dico nessuno ha sollevato l’obiezione che l’ipotesi accusatoria, un macigno che non si rimuove con la revoca dei domiciliari, potrebbe riguardare anche la gestione di Lega degli ultimi anni. Siamo sicuri che i diritti d’immagine siano in regola, o si trattava di “doppi contratti” che sono tossici. Ad esempio, quando Gallinari giocò a Milano nei mesi dello sciopero, l’Armani gli fece un contratto nel quale era utilizzato per videoclip, pubblicità, interviste. Mica puoi difenderti che utilizzavi i tuoi giocatori per consegnare i pacchi natalizi all’ospizio.

Non c’è stata nemmeno – sempre là dentro – una doverosa autocritica, ma solo una corsa sfrenata per cercare bacchette magiche, fare i partiti e partitini, avanzare il candidato ad hoc per tutelare i propri interessi, prendersi dei vantaggi, misurare il muscolo per vedere chi ce l’ha più grosso. E così, in una situazione di crisi conclamata, con ipotesi di reato che non sono da “Scherzi a Parte” – la bilancia della giustizia oscilla sempre fra accuse e impugnazioni, quindi si deve ragionare al condizionale – si è visto anche questo: nei giorni scorsi Siena si è addirittura iscritta al campionato. E certo, per il detto “mai dire mai…” vuoi che leggere di “associazione a delinquere, frodi fiscali, fatturazioni false, creste fra il 5 e il 18 per cento per trasformare fatture – a volte inesistenti citando la GdF – in liquido, bancarotta fraudolenta, false comunicazioni”, e speriamo non ci sia anche il “resto è mancia”, nasca la convinzione magari di un complotto contro il modello o il sistema Mens Sana che vinceva troppo?

L’iscrizione al campionato della Mens Sana SpA, naturalmente, non sarebbe stata sostenuta dalle fidejussioni richieste per la portata del debito o dissesto. Il senese liquidatore ospite del consesso almeno ha avvisato gli altri membri di Lega di questa mossa? Nessuno, dico nessuno, fino ad oggi ha invece provato a ragionare sulla lettera di dimissioni di Minucci inviata nei primi giorni degli arresti domiciliari. Poteva contenere un messaggio cifrato? O era una liberazione da una stagione velleitaria e troppi bluff? O un ravvedimento forzato? O un segnale probabile di un inizio di collaborazione col Magistrato che in effetti ci potrebbe stare leggendo del lungo interrogatorio con il PM Antonino Nastasi. Che porterebbe inevitabilmente la lente d’ingrandimento degli inquirenti anche sulla gestione del consorzio in questi anni. È fatale che l’opinione pubblica si chieda, seguendo i passi della vicenda che ha portato alla scelta di Minucci, come mai sia stato votato sulla parola da ben 14 società su 16. E senza chiedergli uno straccio di programma, chiedergli di chiarire alcune voci sul suo conto e sull’inchiesta giudiziaria e, ovviamente, informarsi sull’entità del contratto-spending maggiore rispetto a un manager di Stato (210 mila più 40mila di bonus) che non è stato mai mostrato, come ci è stato raccontato, ne approvato. E anche alcune cosette, come ad esempio la copertura legale per eventuali querele, considerato che spesso non si è accontentato di una rettifica trattandosi di sport e considerando le critiche un reato di lesa maestà.

L’impressione, non solo di Petrucci, è che tutto vada avanti come prima, che qualcuno provi a manovrare questo momento mediaticamente, strategia già venuta a galla nei verbali di Baskettopoli che i “manovratori” del movimento stanno spacciando come preistoria mentre andrebbero riletti con attenzione. È innegabile che tutti ormai vogliono affossare quella verità costata migliaia e migliaia di quattrini allo Stato salvo qualche patteggiamento, giusto per giustificare il Processo, anche se, magari, un giorno altre procure potrebbero essere interessate a quei verbali collegandoli con altri capitoli.

Personaggi nemmeno lontanamente parenti da quelli del boom del basket, senza dover fare nomi, hanno in mano in questo momento il destino del nostro amato sport, mentre – altra stranezza inspiegabile – le riunioni e le assemblee “circolo Pickwick” si tengono non più a Bologna ma Milano è diventata di fatto la sede istituzionale. Questo confermerebbe peraltro le voci che Minucci voleva la vendita dei locali nelle torri bolognesi di via A. Moro per ripartire la somma agli azionisti, il ridimensionamento di organico e il trasferimento sotto la Madonnina.

Si tratta di voci raccolte fin dai primi di gennaio, quando la candidatura di Minucci galoppava sicura, senza che i club tenessero conto che Siena era in forte ritardo nella presentazione del bilancio e doveva passare al vaglio dell’assemblea della Mens Sana SpA. Diventata un drammatico D-Day in un clima infuocato che ha fatto luce sulla gestione fallimentare. E cioè un buco di bilancio (5,4 milioni) e il verbale d’accertamento della Guardia di Finanza per evasione fiscale di 16 milioni (per difetto) con denunce a Minucci e agli altri amministratori per “bancarotta aggravata e falso in bilancio”.

Ci chiediamo, come tante altre persone che seguono il basket, se la Lega abbia mai ricevuto quei verbali arrivati invece, in virtù dell’accordo con l’Agenzia delle Entrate, sul tavolo di Gianni Petrucci. Che avutili fra le mani ha immediatamente capito la gravità della situazione. E del resto, avendo i presidenti di Lega fatto la loro scelta, mica poteva – poverino – chiamarli per fargli una tirata d’orecchi e magari suggerirgli prudenza di fronte a un effetto-domino che in questi casi non è mai da escludere.

Quando è arrivato l’illustre arresto, qualcuno è sembrato addirittura cadere dalle nuvole. Difficile credere che nessuno sapesse o che astraendosi per un momento dal campionato, le coppe, il mercato, capisse che la situazione oggettivamente pesante senza il minimo di senso di responsabilità. Possibile che tutti fingessero di non sapere quando la Magistratura e la GdF erano al lavoro da più di un anno in mezza Italia, dopo un sequestro di beni a “casa Minucci” e ben due perquisizioni a vasto raggio di cui i giornali hanno raccontato ampiamente i particolari. Meglio comportarsi come i pesci in barile che dover subire non solo il giudizio ma anche le domande dell’opinione pubblica?

Ecco spiegata quindi l’escalation epistolare di Petrucci, anche se col perdurare del silenzio farà bene a chiedere la collaborazione a “C’è Posta per Te” di Maria De Filippi. Il presidente-Richelieu intanto continua a tessere la sua tela. Naturalmente quando si è sentito forte con i documenti in suo possesso, ha lanciato l’idea del ferrarista Domenicali, un executive di prestigio. E quando la sua irritazione nei confronti di Minucci ha raggiunto il massimo, sentitosi scavalcato con la telefonata di Malagò, il suo successore al CONI, che gli raccontava che il senese era passato da lui per presentargli una proposta per trovare una soluzione al problema delle quote-giocatori ed evitare le bacchettate della Comunità Europea, è passato all’azione.

Ci sarebbero anche molte altre cose da chiarire e non si possono escludere novi sviluppi quando sembra che ci siano una cinquantina di indagati. Siccome stavolta di serie A, per cui non si potrà più dire come per Baskettopoli che “era una storia di poveracci che si accontentavano di una mangiata di pesce”.

La prima cosa intanto da chiarire è: Minucci in quel momento operava già per la Lega, aveva un mandato per andare al CONI, o solo dei vertici? E secondo, cosa ha determinato un brusco cambiamento di rapporti fra lui e il “nemico” milanese? Prima tesissimi fra Milano e Siena, con tanto di carte bollate e minacce di querela di svariati milioni da parte di Siena anche a qualche giornale illustre e poi quasi d’incanto un rapporto idilliaco di collaborazione attraverso l’opera di mediatori non meglio identificati.

Pecunia non olet? Il cambiamento di scenario di 180 gradi è stato troppo strano, che sia stato determinato dalla cessione di Hackett a Milano? Questa verità potrebbe essere infatti racchiusa nella polemica fra Minucci e Hackett, quando il dirigente dichiarò che aveva perso una lauta offerta dalla Turchia per mandarlo a Milano. E Hackett gli rispose che non era così, e lui lo sapeva bene… Una frase sibillina che ha tanti possibili risvolti e chiavi di lettura. Uno legge di questa polemica di due che sono come i Capuleti e i Montecchi fino al giorno prima dal trasferimento di Hackett a Milano e poi vanno a braccetto, e siccome siamo già dicembre, c’è una relazione col trasferimento di Hackett con la rapida escalation di Minucci alla presidenza di Lega. Sostenuta, dicono le testimonianze e i verbali, dal trio Proli-Cremascoli-Sardara e annunciata per un incarico previsto per il 1° luglio. E cioè con 5 mesi davanti e un presidente di Lega ancora in carica, Valentino Renzi, fino al 30 giugno.

Cosa succederà? La Federazione potrebbe ritirare le deleghe “PER ORGANIZZARE IL CAMPIONATO”, che significa gestire tutto in casa (stesura del calendario, la possibilità di scegliere gli anticipi, la gestione degli sponsor della A, l’organizzazione della Coppa Italia ecc.). Perché come “concedente” il contratto di servizio non è stato funzionale agli scopi e agli obbiettivi fissati e frenano la programmazione e lo sviluppo del movimento. Petrucci, se vogliamo cercare di capire il “frame” del senso dell’ultima lettera ai “pres”, non vuole solamente che si diano una mossa, invita i club a vederci chiaro, a non scherzare se c’è qualcosa della gestione che non andava e tirarla fuori. Stavolta lui non è il presidente del CONI indulgente, ma risponde in prima persona come presidente che come primo atto del suo Governo gli ha regalato 800mila euro di contributo. E deve anche far vedere agli inquirenti che la sua è una presidenza di garanzia, responsabilità e trasparenza e quale migliore occasione anche per fare luce sulla rendicontazione dei contributi riferiti alla Convenzione con i club. Che data – guarda caso – dallo stesso periodo preso in considerazione nell’operazione Time Out. Un documento che da Bologna dicono non sia mai arrivato. Si parla di qualcosa come 6-7 milioni di euro passati in una complessa partita di giro e non legittima dal punto formale, che pure aveva lo scopo “nobile” di incentivare i club a far giocare gli italiani, oltre che come premio di risultato, ma serviva – sembrerebbe – anche ad altri scopi, ad esempio a pagare un designatore degli arbitri.

Si può dire pure che Valentino Renzi, che dovrà far fagotto il 30 giugno e ha avuto l’onere della gestione operativa e tecnica delle operazioni su mandato dei club nel periodo della Convenzione, ha ancora un mese di tempo per rendicontare i contributi ricevuti, altrimenti potrebbe rispondere lui per primo come presidente durante il periodo in questione.

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