“C’è un club che in 15 anni ha scalato tutte le categorie, dalla serie D alla A, si ritrova un giornalista come presidente, è di proprietà dei tifosi, in campo possiede un’anima italiana e manda i suoi giocatori (giovanili comprese) a fare volontariato nelle Onlus. Ma esiste davvero? Si, in riva all’Adige, si tratta dell’Aquila Basket Trento”.
STORIA DELLA SOCIETÀ
“Nel 1995 nasce Aquila Basket Trento per merito di Gianni Brusinelli e Marco Angelini, presidenti rispettivamente del Dolomiti Sport B.C Trento e della Pallacanestro Villazzano. La volontà di migliorare e la consapevolezza che le energie delle singole società non erano sufficienti per perseguire autonomamente un proprio cammino di crescita furono le motivazioni principali che spinsero i due presidenti a fondare una terza società, denominata Aquila Basket Trento, che avesse come obiettivo il raggiungimento di campionati di livello superiore a quelli regionali e che fungesse da approdo e stimolo per i migliori atleti locali.”[1]
Dopo 5 anni di attività, nel 2000, arriva la tanto agognata promozione in serie C2 e da quel momento, alternando momenti di gloria ad altri più dolorosi, la società inizia a scalare tutte le categorie della pallacanestro italiana: nel 2012 venne raggiunto lo storico traguardo della Legadue, il secondo campionato italiano e, nel giugno del 2014, al termine di una regular season conclusasi al primo posto si conquista la fantastica promozione in Serie A.
Il miracolo tecnico porta una duplice firma: quella del coach Maurizio Buscaglia e del general manager Salvatore Trainotti. Il tecnico ha più volte dichiarato come Trento sia stata la realtà ideale per la scalata di categoria, grazie all’accorto lavoro della dirigenza, che non si è mai fatta trovare impreparata strutturando prima il club per la categoria superiore e poi la squadra.
In questi anni l’Aquila ha spiccato il volo diventando un fenomeno sociale che va ben oltre lo sport, allargando progressivamente il proprio raggio d’azione a molte delle dimensioni che interessano il vivere sociale, a partire da valori e principi che caratterizzano e fondano l’azione societaria.
Il lavoro di Trainotti è stato fondamentale per formare un gruppo, composto da persone serie e motivate, che perseguisse obiettivi chiari: politica della crescita a piccoli passi e radicamento nel territorio, scelte in controtendenza rispetto alla classica sete di risultati nel breve periodo che caratterizza la maggioranza delle società sportive italiane. A 20 anni di distanza si può dire che Trainotti aveva ragione: le persone che compongono la dirigenza sono rimaste quasi tutte le stesse del 1995, ed in questi anni la loro professionalità è cresciuta di pari passo con la squadra e il settore giovanile, e a sua volta, anche la qualità del servizio finale offerto ai consumatori ne ha beneficiato.
IDEA DELLA CONDIVISIONE
In questo processo di crescita e sviluppo vi è stata anche una partecipazione e un contributo sempre più accentuato da parte di soggetti terzi: famiglie, privati cittadini, enti pubblici di vario livello, aziende, professionisti, associazioni, cooperative, organizzazioni varie impegnate in aree ed attività anche molto diverse tra loro.
Raggiunto il professionismo, con le poche risorse a disposizione la società ha dovuto fare di necessità virtù, creando una formula imprenditoriale mista, con una rappresentanza di tifosi insieme al management e alla proprietà.
L’idea di governance condivisa di Aquila Basket nasce quindi dalle necessità. La società non ha mai avuto una proprietà con un presidente finanziatore, la figura di “padre padrone” che decidesse le sorti della società comandando univocamente. Per questo motivo si è dovuto prendere spunto dagli altri: dal Bayern Monaco per il Trust, da Varese per il Consorzio, ecc. Tutti gli sforzi sono stati fatti verso la creazione di un modello continuativo che possa coinvolgere il tessuto sociale del territorio, rendendolo appetibile ed interessante a chiunque voglia investire, con l’idea di coinvolgere più soggetti possibili. Nonostante la presenza di molte figure possa sembrare un limite in termini di elaborazione di strategie, si rivela invece una risorsa importantissima in termini di tempo, energie, idee e di voglia di partecipazione: la mancanza di qualcuno è sempre compensata da qualcun altro che subentra. La pluralità di soggetti abili nel campo del management ha permesso di costruire una struttura molto moderna creando un’azienda che lavora nello sport. E così anche la “vita” nel palazzetto vuole diventare moderna; in Europa la maggior parte dei club ragiona così: nel palazzetto si fa business.