Sergio Tavcar non è il solo, ma di certo è uno tra i più famosi e seguiti tra coloro che sostengono che il basket non sia uno sport per tutti. In particolare, che sia fatto per persone intelligenti. In questi giorni stiamo assistendo, purtroppo per contrasto, a una dimostrazione della validità di quell’opinione. Il luogo della dimostrazione è Bologna, sponda Fortitudo. I personaggi sono da una parte i fossaioli di vario genere che a volte esaltano ma più spesso adombrano i colori del bianco e del blu, e, dall’altra parte, un allenatore appena reduce dall’essere stato stratega di una fenomenale promozione insieme ad un giocatore, Federico Lestini, scelto per la squadra del prossimo anno. Il giocatore ha il gravissimo difetto di avere nascita dal vivaio virtussino (la sponda opposta di Bologna) e di aver insultato a gesti i tifosi della F in determinate occasioni. Saltiamo a piedi pari tutta la manfrina sul tipo di gesto, sulla sua reale messa in atto, sul fraintendimento o meno di tal gesto da parte del pubblico. Diamo per scontato lo abbia fatto. E allora? Chi se ne frega. Bello e semplice. No, perché a Bologna sponda F (la mia dal 1982, così sgombriamo il campo dagli equivoci) vige una sorta di legge non scritta, che a volte assurge al livello superiore di mafietta latente, per la quale certe frange della tifoseria, piccole e sconosciute o grandi e arcinote che siano, hanno più diritto di parlare del tifoso singolo o della massa degli altri tifosi, e, soprattutto, la loro voce, una volta emessa, deve diventare legge. La legge ha decretato che Lestini NON DEVE indossare la canotta della F. La legge ha decretato che sia permesso minacciare il giocatore di morte, di rogo, di appostamenti notturni sotto casa e compagnia cantante. La legge si è espressa anche con comunicati che si assumono la responsabilità di certificare che “i tifosi Fortitudo” hanno deciso l’ostracismo a Lestini. I tifosi? Alcuni tifosi. Non tutti. Alcuni tifosi, quelli meno adatti al gioco del basket, secondo il parametro-Tavcar. Nei giorni precedenti la Final4 di Forlì in cui la F conquistò di nuovo la SerieA, coach Boniciolli ebbe modo di dire la cosa più importante del suo secondo periodo bolognese: si disse stufo del fatto che gli eventi sportivi dovessero essere, in merito all’ordine pubblico, governati da prefetture e questure. Ora il coach avrà di che riflettere. La sola cosa che gli si può far sapere è che NON è vero che i tifosi della F aspetteranno tutti Lestini sotto casa per ammazzarlo o dargli fuoco. Il livello di guardia del potere che alcune espressioni del tifo organizzato a volte raggiungono sta per essere oltrepassato (ammesso già non sia accaduto) anche nel basket, sponda F (ahimè) nella civilissima Bologna. E’ una deriva inaccettabile, oltre che evidentemente pericolosissima, la stessa che prelude alle confische pubbliche delle divise di gioco o ai graffiti antisemiti di cui fu oggetto un centravanti israeliano che negli anni ’80 doveva andare a giocare nell’Udinese. Non ci giocò. Per questo, molto umilmente ma da Vero Fortitudino, scrivo queste poche righe affermando: per me non è forte, ma anche se fosse ancor più tristo di quel che è, Federico Lestini in quintetto tutta la vita.