La lista degli All-Stars è completa, come al solito ci saranno polemiche sui convocati e sui lasciati a casa.

Esaminiamo le riserve, perché sui quintetti fare polemica è impossibile, dal momento che vige la sovrana “legge del popolo”, legge che è come quella del televoto ed è utile alla Associazione per gratificare i fans e accrescerne il numero.
EST: il quintetto sarà come noto Lowry-Wade-LBJ-Melo-George, senza centri. Le riserve saranno Bimbone Drummond, Isaiah Thomas (entrambi esordienti), Bosh, Butler, DeRozan, Millsap, Wall.
Andre Bimbone Drummond (Detroit Pistons, C): no contest, il miglior centro della NBA quest’anno non poteva non essere in lista. 17+15+1.5 stoppate le cifre arrotondate, che si sommano, motivando la chiamata, alla bella stagione dei Pistons, agli indubbi progressi del giocatore, al prestigio ottenuto vincendo i Mondiali con T-USA e al fatto che si tratta dell’unico vero centro per gli Orientali.

Isaiah Thomas (Boston Celtics, PG): prima chiamata meritata per questo nanerottolo di 1.75 senza le scarpe, che sta guidando i Celtics ad una stagione per tanti versi sorprendente, a cominciare dalle stats del quasi omonimo di Isiah Thomas: 21.6 pti + 6.6 ass per lui, che per tutti i suoi anni nella NBA a parte il rookie year è stato il miglior scorer tra i non partenti. Aggiungete che il suo stile di gioco unito alla simpatia che sa attirarsi (anche per il suo essere fisicamente abbastanza “normale”..abbastanza, perché non vorrei sbattergli contro..) si adattano perfettamente allo spirito dell’ASG.

Chris Bosh (Miami Heat, PF/C), ci sia consentito esprimere un “mah..”. Le cifre (19+7.5) non sono male, ma la presenza sulle tavole ha registrato parecchi cali in stagione, e i Miami Heat non stanno facendo urlare di gioia, pur nell’ambito di una stagione positiva. Si comprende meglio la sua presenza se la si interpreta come un tributo ad una carriera che comincia a farsi lunga, onore che era giusto fosse riconosciuto a Toronto, città della quale per lunghi anni ha avuto le chiavi; ricordiamoci che il giocatore è tornato sul campo dopo aver perso metà della stagione scorsa per una malattia che causava eccessiva densità del sangue. Una sorta di chapeau e di incoraggiamento ai meno fortunati lanciato attraverso una figura di spicco: il genere di situazione verso cui la NBA è sempre molto attenta.

Jimmy Butler (Chicago Bulls, SG): anche lui non poteva non esserci. Anzi, lui è uno di quelli che il voto popolare ha danneggiato, perché sta giocando meglio di Lowry e infinitamente meglio di Wade. Ha stabilito il nuovo record di punti in un half per i Bulls tirandolo via a MJ, ha segnato 50+, è la colonna dei Bulls nell’anno che ci sta mostrando che The Rose non è più il fiore che era prima degli infortuni; spesso è inarrestabile in penetrazione o mortifero dall’arco, o tutti e due insieme. Il titolare dello spot di sg era lui. Principale controindicazione? Non particolarmente spettacolare, privilegia la solidità. Medie a 22-5-4, per difetto.

DeMar DeRozan (Totonto Raptors, SG): uno dei giocatori più sottovalutati della NBA, ma convocato senza dubbio alcuno da Coach-K per T-USA. Di certo uno degli élite-players della Associazione. Medie arrotondate 23-4-4 col 45% totale. Un giocatore che accorpa atletismo e movimenti deliziosamente old-school, sarebbe oltremodo ingiusto se lo si pensasse convocato solo in quanto giocatore di Toronto.

Paul Millsap (Atlanta Hawks, SF): posso peccare di poca oggettività, perché io convocherei questo giocatore anche per decidere cosa mangerò stasera. Partito nella NBA con Utah come centro un po’ rozzo, drammaticamente sottodimensionato, ma con tanto cuore, ha sviluppato il proprio gioco fino a diventare una delle sf più redditizie degli ultimi 20 anni. Non è spettacolare, ma sa fare tutto e bene, e merita di esser chiamato a Toronto. Medie? 18-9-3, con 1.5 stoppate. L’unico da assolvere in toto nel calo degli Hawks rispetto lo scorso anno.

John Wall (Washington Wizards, PG): dire che, a fronte dei convocati appena passati in rassegna, avremmo chiamato lui, non sarebbe verità. Le stats lo premiano (19-4-10 con 2.5 recuperi), e lo premia il fatto di esser costretto a fare tutto, nei Wizards di quest’anno. Inoltre è un esempio vivente del concetto di moto perpetuo. Però la sua presenza esclude Kemba Walker, e per questo ci sentiamo di criticare la scelta, anche perché tra gli Wizards e gli Hornets di Kemba non passa gran differenza, anzi.

GLI ESCLUSI. Inseriamo tre nomi che avremmo visto volentieri presenti.
Kemba Walker (Charlotte Hornets, PG): lui DOVEVA esserci. Purtroppo, il basket pro nel North Carolina è un parente ancora minore del basket collegiale, e quindi niente televoto, e nemmeno la chiamata “tecnica” per uno che ha scritto in stagione un 50+, che è il faro unico e indiscusso degli Hornets, e combina cifre e spettacolo.
Jae Crowder (Boston Celtics, SF): nulla di scandaloso, ma un pensiero a lui lo abbiamo fatto, perché per costanza di presenza nei primi 10 o 20 delle stats positive della NBA, lui è dietro solo a questo quintetto: LBJ-KD-George-Leonard-D.Green. Quindi non è esattamente uno fermo. Pensiamo inoltre che fino allo scorso Febbraio faceva la muffa sulla panca dei Mavs, e fino all’inizio di questa stagione era un acquisto positivo per i Celtics, ma non il campione che sta rivelando di essere.
Pau Gasol (Chicago Bulls, C/PF): diciamo solo che lui al posto di Bosh avrebbe reso ai nostri occhi la squadra dell’Est più aderente a quel che la stagione sta mostrando.

OVEST: partiranno con Curry-Bryant-Westbrook-Leonard-Durant, pure loro senza centri.
Le riserve sono DMC, LMA, CP3, Anthony Monociglio Davis, Fratello Splash Klay Thompson, LaBarba Harden, Draymond Green (esordiente).
DeMarcus Cousins (Sacramento Kings, C): la qualifica di centro calza per ruolo e impiego, ma si tratta di un talento mostruoso per quanto bizzoso, capace di guidare il contropiede come Magic o farsi espellere per essersi reincarnato nella versione incrudelita di Carlos Monzon. Il Gennaio di Boogie dice 34+13, grossomodo, e coincide con quasi tutto ciò che di buono finora i Kings sono riusciti ad esprimere, finendo inaspettatamente prima dentro, poi appena fuori la Playoff Picture.

LaMarcus Aldridge (San Antonio Spurs, PF/C): da Portland a San Antonio per lui 6 minuti in meno, 3 tiri in meno, 1.5 canestri in meno, 3 punti in meno, mezzo rimbalzo in più, stesso numero di stoppate. Il che significa: rendimento amplificato per questo perennial All-Star il cui passaggio agli Spurs mette seriamente in predicato la Dinastia di continuare, continuare, continuare………

Anthony Monociglio Davis (New Orleans Pelicans, PF): il futuro dominatore, secondo molti, della NBA non poteva mancare. Il suo rendimento è stato meno altisonante del solito per una serie di infortuni di media gravità che ne han minato il Novembre e il Dicembre. Anche lui una chiamata impossibile da non fare, solo in parte oscurata dalla partenza orribile dei Pelicans, forse partiti troppo fiduciosi di poter riprendere dal bel finale dello scorso anno nonostante il nuovo coach Gentry (fresco di Anello), e poi, onestamente, massacrati dalla sfortuna.

James LaBarba Harden (Houston Rockets, SG): poche storie, se Kobe non avesse annunciato l’addio sarebbe partito lui nello spot di SG. E poi a Houston fa tutto: se tira peggio è perché è sempre o quasi il miglior assistman e il secondo miglior rimbalzista, oltre che il miglior scorer. Triple doppie, anche, nel suo carnet di stagione.

Chrsi Paul The Third (Los Angeles Clippers, PG): la meno comprensibile tra le chiamate del West. Stats come sempre regali, atteggiamento da reuccio, rendimento non sempre specchio fedele dei bellissimi numeri (18-4-9.5 con 3.5 recuperi), però, in una partita dove la W conta relativamente e dove il clutch di conseguenza non esiste, la sua presenza non stona.

Klay Thompson (Golden State Warriors, SG): lo stile della sg ideale è lui. Lo scoring della sg ideale è lui. La difesa della sg ideale è lui. Il Fratello Splash di Steph quest’anno ha anche alzato la voce un paio di volte in spogliatoio. Non è appariscente, e qualche partita la sbaglia, ma è quasi perfetto.

Draymond Green (Golden State Warriors, SF): o PF, o anche C, o PG, fate voi. Questo giocatore è adorabile per tutti gli aspetti del suo gioco, eccetto uno: è una dannatissima macchina di proteste arbitrali. Sempre, sempresempre. Se potessimo lo faremmo star zitto, ma “zitto” è una condizione che non fa parte di lui mai, nemmeno quando il basket lo gioca e non protesta. Giocatore che come pochi mai esprime il concetto di leadership e di miglioramento progressivo del proprio gioco: prima chiamata meritatissima all’ASG.

GLI ESCLUSI.
Damian Lillard (Portland TrailBlazers, PG): essendo l’unico rimasto dei Grandi Blazers dopo la scorsa estate, e dunque essendo a capo dell’autentico miracolo oregoniano (attualmente nella Playoff Picture pur essendo by far la peggior squadra della lega come roster), a noi sembra davvero strana la presenza di Paul e la assenza di D-Lill.
Dirk Nowitky (Dallas Mavs, PF): perché lui no e Kobe sì? Non sarà l’ultima stagione, ok, perché il suo payroll chiama 8 milioni anche per il 2016-17, ma se fosse infortunato? Tributare l’onore al Tedesco ci sembrava obbligatorio.
Danilo Gallinari (Denver Nuggets, SF/PF): ci siamo tutti collegati più volte a NBA.com, per votare Danilo, ma non ci siamo riusciti, pazienza e non gridiamo a scandali, sotterfugi, ingiustizie. Il passaparola italico è stato meno efficace anche di quello georgiano, se pensate che Zaza Pachulia ha mancato il quintetto per 14000 voti. E dal punto di vista tecnico l’esclusione è lecita quanto lo sarebbe stata la convocazione. 19.5-5.5-2.5 sono belle stats, ma il Gallo sta tirando globalmente malino, e più del 37% nelle triple a gridare di dolore è il 41 complessivo.
Deponiamo dunque provincialismi e complottismi e convogliamo tutte le energie a congratularci con Ettore Messina che, in quanto assistant di Popovich, sarà in panchina come Head Coach nella gara delle Rising Stars, olter ovviamente ad affiancare more solito Pop nella Gara delle Stelle vera e propria. Con appuntamento a Torino, ovviamente.