Cinque gare nella notte NBA: giocavano le prime di ogni Conference.

 

TD GARDEN, BOSTON. L.A. LAKERS 96 – BOSTON CELTICS 107. La Gara delle Gare nella NBA è questa. Non importa quali siano il livello assoluto o le differenza di competitività tra le due franchigie, resta sempre la rivalità più aspra. Con i Lakers in pieno re building e i Celtics da due anni al vertice della Eastern Conference stanotte avrebbe dovuto essere non formalità ma un successo tutto sommato facile per i biancoverdi, che giocavano in casa. Invece la serie di guai iniziata con la frattura di Hayward continua a colpire Boston. Una botta in testa ricevuta da Bazemore nella W vs gli Hawks ha costretto Al Sapienza Horford ad entrare nel tunnilineo e ormai famigerato “concussion protocol”, in cui sai quando entri ma da cui non sai quando esci. Lo scorso anno sempre Horford rimase out 9 gare per lo stesso motivo. Privi fin dall’inizio del loro centro titolare, i ragazzi di Stevens avrebbero affrontato il secondo half scontando anche l’assenza di Tatum, rimasto nel locker con un risentimento alla caviglia. In pratica Boston ha inziato il duello con L.A. senza il 40% del quintetto base e lo ha terminato senza il 60%. Ciononostante, dimostrando notevole resilienza e capacità di squadra, ne è uscita vittoriosa, con vantaggio in doppia cifra dopo aver avuto anche 20+ di margine nella prima metà e aver visto i Lacustri avvicinarsi a -5 nel terzo quarto, il peggiore per i Celtics e il migliore degli ospiti. Chiave della W la prova di Aaron Baynes (21-8-3): il centro australiano, back-up di Sapienza, è esploso nel suo career high ed è stata solo la quarta volta nella sua quinquennale carriera che ha vestito i panni del leading scorer; è di certo un buon segno di compattezza e pino profondo quando il centro titolare è out e quello di riserva mette in scena una delle migliori gare della carriera. Dietro Baynes mettiamo Kyrie, che davanti allo sguardo del padre (che giocò a Boston College i suoi 4 anni NCAA) ha messo insieme un fatturato (19-6-5 con 7/21 e addirittura 0/7 da 3) i cui numeri non rendono pieno merito alla importanza avuta da Irving, capace di tenere in soggezione gli avversari con al sola presenza in campo; infine consideriamo le altre 3 guardie bostoniane: Brown-Smart-Rozier, che hanno tirato male (11/34, di cui 4/12 da 3) ma hanno difeso alla morte, raccogliendo 8 assists (Smart 6, e anche il plus/minus migliore dei suoi a +16) e ben 23 rimbalzi (Brown 11, Rozier 8). Nei Lakers, perdurando la nostra sorpresa (non solo nostra, USA compresi) nel vedere Julius Randle (16-12-2 con 1 rec in 21 mins, miglior Laker in campo) partire dal pino, è stato notevole il tentativo di non darla mai persa, nemmeno dopo un primo quarto assai negativo, terminato a -17. Nei due quarti estremi, quando i Celtics hanno davvero enfatizzato la loro difesa, i Lakers hanno messo insieme la miseria di 31 pti, denotando una tendenza (abbastanza naturale in un team giovane e votato, anche se blandamente, al tanking) dannosa a perdere palloni in serie (21). Lonzo Ball 9-5-6 con 1 rec e 4 stoppate: come quasi sempre male al tiro, ma ogni casella delle stats riempita da questo ragazzo che ha davvero tanto basket nelle vene, e che probabilmente non era al massimo della serenità a causa del fratellino shoplifter beccato in Cina. Durante la gara annunciata la data del ritiro della maglia di Paul Pierce al TD Garden: The Truth vedrà il suo numero pendere dal soffitto più glorioso della NBA il prossimo 11 Febbraio.

 

ORACLE ARENA, OAKLAND. MINNESOTA T’WOLVES 101 – GS WARRIORS 125

La gara era molto attesa, perchè quest’anno si tratta di uno scontro di vertice della Western. I T’Wolves di coach Thibodeau sono infatti in piena scalata, e il confronto coi Campioni, pur privi di Durant fino a Sabato vs Philadelphia, doveva dare alcune risposte. Eccole: Minnie è di certo migliorata, ed esprime solidità più che bastante a fare comodamente i PO (sarebbe la prima volta da 13 anni), ma per reggere contro il top della Conference non è ancora pronta fino in fondo. La prova degli ospiti è infatti stata buona se non ottima per metà partita (spesso in vantaggio, andati a riposarsi sotto di 1), poi dal ritorno in campo dopo the half gli Warriors hanno seppellito i Lupi (74-51 il parziale). La buona partenza di Minnesota era nata dalla difesa, che aveva costretto GS a ben 9 perse in 16 mins, con Steph particolarmente distratto (5 sperperi). Anche le % non erano brillanti, in particolare Klay era stato richiamato in panchina dopo un 1/5 comprensivo di un air-ball corto di 30 cm: si ripenderà terminando 11/20 e 28-5-3. In generale è stata confermata la tendenza stagionale di GS a partire lentamente e male, e nei primi minuti il migliore tra i Campioni è stato il vecchio Iggy, sostituto di KD in quintetto. La prima scossa è stata fornita da Nick Young (12-3-5), che ha giocato contro se stesso, ovvero: ha tirato nulla più che discretamente (3/9 da 3), ma ha offerto enorme concentrazione e difesa, garantendo 4 rec e nessuna persa. Il passivo accumulato da Minnie nel secondo tempo non deve far dimenticare quanto di buono palesato dai ragazzi di Thibo, tra cui Andrew Wiggins era stato incisivo con 8 pti in 5 mins (17-6-3 con 4 rec alla fine). Una delle armi che non hanno funzionato per i T’Wolves è stato il tiro da 3: 1/12 nel primo tempo, 4/21 finale, e giornata appena sufficiente (1/3) di Nemanja Bielica, fino a stanotte (15/23) miglior tiratore da 3 per % della NBA.

 

Le altre gare: sconfitta dei Knicks privi di Porzingis (caviglia e borsite al gomito sx che probabilmente verrà operato a fine stagione); partono bene ad Orlando, ma perdono tutti i quarti da 2 a 4: Elfryd Payton rientra nei Magic con 11-6-11. Rientrava negli Heat dopo la nascita della figlia anche Dion Waiters: contribuisce con 16-3-3 unendosi a Dragic (29-9-4) per battere in traferta i Suns; Detroit conferma il secondo posto ad Est battendo Indiana con 14+21 di Bimbone Drummond in una serata che, nella fila dei Pacers, ha visto al prima davvero buona in forse due anni da aprte del veterano BigAl Jefferson (19-6-2 con 7/10 al tiro).