Giocate le prime 2 gare in casa delle N.1 del tabellone: tra Eastern e Western Conference la siituazione è assai diversa.

EASTERN CONFERENCE: Atlanta Hawks (1) – Cleveland Cavs (2): 0-2. Due volte corsara Cleveland, due finte sorprese. 97-89 gara1, 94-82 gara2 sono i risultati finali di due partite complessivamente dominate dai Cavs. Le costanti su cui Cleveland sta basando questo dominio sono LBJ, difesa, tiro. Oltre ad una sempre più impressionante capacità di reagire agli infortuni: dopo aver perso, già dalla serie vs i Celtics, Kevin Love, nella seconda gara di Finale di Conference i Cavs hanno fatto a meno di Kyrie Irving, panchinato da un ginocchio malandato che lo rende incerto anche per gara3. LBJ: in aggiunta al trentello canonico, nelle prime due gare della serie ha avuto una media di quasi 9 rimbalzi e quasi 9 assists; in gara2 abbiamo assistito a un parziale in cui James è stato fautore, tra punti in proprio e assistenze, di 34 dei 49 pti Cavs. Il cavaliere principe appare riposato e sereno, capace di lasciare spazio ai compagni, compresi quelli di minor pedigree (Dellavedova e Mozgov, per esempio) e di non eccedere nelle dimostrazioni di scontentezza nei loro confronti quando combinano una sciocchezza (ai posteri finora solo una faccetta storta dopo un’infrazione di passi di Mozgov). Gli scarsi o nulli minutaggi di Marion e Mike Miller, inoltre, testimoniano del fatto che rispetta la leadership di Blatt e non sponsorizza la presenza in campo dei suoi amiconi come era uso fare una volta. DIFESA: in una serie insolitamente poco dura difensivamente (soprattutto se parametrata a quello che si vede ad Ovest), i Cavs tuttavia hanno/cercano di avere un impatto anche difensivo, e ci riescono senza eccessivi problemi. Il maggior difetto degli Hawks, l’assenza di un vero go-to-guy, sta emergendo in maniera per i Falchi drammatica a questo livello di Playoffs: Millsapp quasi non usa più il post basso, Teague è preda di un peggioramento genrale del suo decision making e delle percentuali in proprio, Schroeder è il meno deludente ma resta discontinuo, per non dire di Korver che è di fatto inutile se costretto a metter palla per terra. Uno di coloro che elevano il grado di intensità difensiva dei Cavs è, incredibilmente, JR Smith: avevamo pronosticato che fosse lui l’ago della bilancia per vedere Cleveland in Finale, ma nemmeno noi lo aspettavamo a questi livelli su due metà del campo. Pare che Blatt abbia deciso anche un momento in cui azzannare i ragazzi di Budenholzer: nel terzo quarto Atlanta è stata costretta a 16 e 17 pti, con uno scarto globale di 20 rispetto ai Cavs. Di 8 quarti finora giocati solo due sono stati vinti dagli Hawks: il primo di gara1 e il quarto di gara2, inutile e di puro garbage time. TIRO: 38% e 40% le percentuali dall’arco dei Cavs nelle due gare finora vinte. Percentuali di per sè ottime, rese ingiocabili dal fatto di essere ancora migliori nei momenti decisivi. Gli assists di LBJ derivano proprio da questo: viene raddoppiato (ma troppo tardi, altro errore Hawks: il raddoppio scatta quando ha già iniziato un movimento verticale e diretto verso canestro, rendendo possibile, grazie a un tipico movimento-Maccabi di Blatt, uno scarico sull’arco, per un tiro o un rapido extra-pass+tiro) e scarica fuori, dove, tra Irving e JR Smith (10-15 combinato in gara1) o Shumpert e Jones (7-11 combinato in gara2), finora i Cavs hanno trovato percentuali di successo decisive. Detto del vantaggio tecnico e della concretezza dei Cavs, bisogna notare che gli Hawks stanno continuando a pagare il loro non felice approccio al livello-playoffs, sia tecnico che psicologico: in particolare Teague sta sbagliando appoggi elementari e decisioni di gioco; al momento devono anche fare i conti con una certa sfortuna: Horford sta sommando infortuni (dito dislocato in gara1, problema al ginocchio in gara2), nessuno dei quali in sè lo tiene fuori dalla lotta, ma la cui somma è senza dubbio limitante, Carroll è stato fuori nei momenti decisivi di gara1, si è elevato a novello Lazzaro per gara2 ma era evidente la sua difficoltà (un paio di tiri rifiutati davvero inspiegabili a un metro del ferro) e anche Korver, pur annunciato disponibile per gara3, ha sofferto un brutto movimento della caviglia in gara2. Il pronostico è di uno sweep in arrivo nelle prossime partite alla Quicken Loans Arena.

WESTERN CONFERENCE: Golden State Warriors (1) – Houston Rockets (2). Golden State, tra mille fatiche si è portata 2-0. Cominciamo dal numero magico: 16. GS è rinvenuta in gara1 da un -16 (49-33) poco oltre la metà del secondo quarto, e Houston è rinvenuta da una brutta partenza che l’aveva portata sotto di 16 in gara2. Questa serie si gioca ad un livello finora mai toccato dall’altra finale di Conference, con una differenza quasi abissale dal punto di vista difensivo. Houston, priva del 40% del suo quintetto base (Beverley e Motieiunas) sta traendo linfa dalla panchina, ma, alla resa dei conti, è sempre Harden-dipendente. La Barba ha una costanza incredibile, e una notevole resistenza, perchè tutti i possessi passano da lui, e non faccia venire pensieri sbagliati la palla persa decisiva alla fine di gara2. Dando per scontato il rendimento di Curry e Harden, ci sono alcuni giocatori da esaminare per trarre le considerazioni tecniche sull’andamento, anche futuro, della serie. Gemello Klay: sta faticando parecchio al tiro (12/33, comprensivo di un 2/14 da 3), ma il suo 10/19 da 2 evidenzia che cerca di tirarsi fuori dalla siccità dall’arco con intelligenti peentrazioni, e con un’applicazione difensiva davvero encomiabile, per tecnica e volontà, su James Harden: difeso da un altro, La Barba avrebbe fato bottini ancora maggiori, e Thompson si sta confermando un giocatore di primissimo livello sui due lati del parquet. Barnes+Bogut: l’ala, come quasi igni giocatore uscito da North Carolina, sta mostrando una grande attitudine e adattabilità. Difende e prende rimbalzi come in gara1, oppure mette canestri importanti come in gara2; il lungo australiano si è ripreso il pacoscenico nella seconda alla Oracle Arena dopo una prima partita imbarazzante. La continuità di questi due giocatori è un requisito fondamentale per tenere alto il livello di gioco degli Warriors, che di solito prendono i parziali sfavorevoli con il primo quintetto in campo. Warriors Second Unit: ha salvato in entrambe le partite il risultato, tamponando i parzaili di Houston e le distrazioni degli starters. Second Unit, per coach Kerr, fa spesso rima con smallball, e il quintetto con Ezeli come unico lungo insieme a Livingston-Barbosa-Iguodala-Green/Barnes ha dato esiti davvero sorprendenti anche contro il quintetto dei Rockets. Nel combinato delle due gare Livingston sta tirando 10/12, Iggy ha smazzato 10 assists, Ezeli in 23 minuti scarsi ha preso 10 rimbazi con 2 stoppate, e Barbosa ha dato un contributo di frenesia positiva senza picchi statistici, ma evidente sulle tavole. Dwight Howard: infortunio (al ginocchio) numero 1000 per il lungo di Houston. Al netto delle isterie da attrice anni ’50, DH è stato utile, ma i suoi numeri sono sempre un po’ migliori di quanto sia la sua reale incidenza sulla partita. Ora è segnalato come “probable” per gara3 stanotte, e di certo coach McHale preferisce averlo a roster, ma in ogni caso i Rockets hanno conquistato la seconda posizione ad Ovest giocando 41 partite senza DH, e sanno come farne a meno. Josh Smith: indubbiamente ci sta provando. Rende effettive le parole spesso spese su di lui come grande stoppatore e grande passatore per un omone (8r-7a-1rec-3st nel combinato gara1+2), ma il livello generale del basket che si gioca nella serie lo trova con inevitabile crudeltà pronto per un errore o una decisione sbagliatissima: in particolare errori e decisioni sono convogliate sulle scelte di tiro, sia per percentuale che per numero di tentativi. Il suo 11/33 globale gli dice di tirare meglio e, soprattutto, meno, specie da 3 (2/9). Si sente terribilmente la mancanza di Motieiunas. Houston back-court: oltre ai 76 anni equamente divisi di Terry e Prigioni, all’assenza di Beveley, McHale nelle due gare ad Oakland ha dovuto fare i conti con le brutte prove di Brewer, che ha tirato male e difeso ad intermittenza, mettendo anche lui, in ognuna delle partite, un errore o un calo di rendimento che si sono rivelati decisivi. Il pronostico dice che, dopotutto, Houston ha retto il confronto con GS mettendo ogni sforzo possibile negli intangibles e che questo fattore non potrà che essere amplificato dal giocare in casa. Quel che gioca contro i Rockets è il livello generale della serie, che per ora è altissimo: il loro essere incompleti, e in alcuni ruoli non esattamente giovani, potrebbe essere fatale. Il trio che li sta tenendo in piedi (Harden, un fenomenale Ariza, T-Jones) deve essere aiutato da qualcuno dalla panchina. Gli sforzi di Houston sono anche le certezze degli Warriors: non tutte le squadre sarebbero uscite indenni da due sfide come quelle che i Texani hanno sottoposto ai Californiani.