Due elimination games in programma: gli Spurs eliminano i Grizzlies, e i Raptors mettono a riposo i Bucks.Quando le gare sono senza appello, gli allenatori si affidano all’esperienza, e spesso l’esperienza, a dispetto di fisici non più del tutto integri e reattivi, emerge. Stanotte grandi prove da due 35enni (Tony Parler e Zach Randolph…ok, a Parker mancano 27 giorni) uno che di primavere ne ha 39 (JET, alias Jason Terry) e il più vecchio della NBA: Vince Carter.

BRADLEY CENTER, MILWAUKEE. TORONTO RAPTROS 92 – MILWAUKEE BUCKS 89

Innanzitutto, meno male che questa serie tra Ontario e Wisconsin non si è giocata all’aperto e d’inverno, ma dentro due Arene davvero caldissime. Una, quella dei Raptors, è parte stabile della tradizione recente della NBA, mentre il calore del pubblico del Bradley Center mancava da un po’ all’appello. In più riprese, tra 2010 e 2014, i Bucks sono stati sulla bocca di tutti come franchigia destinata a sparire presto, per scarso pubblico e ancor più scarso interesse mediatico suscitato. Fosse per il ritorno dei Seattle Supersonics, per l’entrata di una franchigia europea, o per l’inaugurazione di un nuovo mercato tra Las Vegas e l’enorme quadratone, vuoto di NBA, tra Idaho e Nebraska: erano sempre i Bucks quelli che sarebbero scomparsi. Eppure negli anni ’80 erano una squadra di vertice, e nei 90’s hanno avuto diverse chances di approdare alla Finals quando Ray Allen e BigDog giocavano lì. Ci è voluto l’arrivo di un grande coach ed ex immenso giocatore per riportare il Wisconsin sulle mappe. L’eliminazione patita stanotte, perdendo in casa vs Toronto, non abbassa di nulla il valore prodotto da Jason Kidd. E’ di sicuro un trampolino di lancio, affrontato, tra l’altro, senza Jabari Parker infortunato al ginocchio da Marzo. L’inesperienza, e, ancora di più, la non abitudine a certi livelli è sempre un fattore, e sono pochissime le squadre che riescono a non pagare il tributo all’aria rarefatta dei PO, soprattutto quando opposte a formazioni che, invece, hanno esperienza e abitudine. I Raptors venivano da 2 W in fila dopo esser stati sotto due volte nella serie, e non avevano più nessuna voglia di correre rischi. Hanno quindi inaugurato la serata con prepotenza e precisione, mollando ad inizio secondo quarto un parziale di 20-6 poi successivamente allargato fino a portarli avanti di 25 a metà terzo quarto. Si erano aggrappati, We The North, alla grande vena di DMDR (32-4-3 con 5 rubate: 40 mins di campo, un calo durante la rimonta dei Bucks, ma i due panieri decisivi per arginarla) e alle iniezioni di punti non frequenti ma chirurgiche del Subcomandante Lowry (13-4-4 in 44’, sua la tripla del+25). Dal momento del massimo sprofondo entra in azione lo Pterodattilo Greco (34-9-3 2 rec e 2 stoppate). Che è Grande, Grosso, non ha un filo di Grasso e non si stanca mai, visto che ha giocato 47 mins su 48. Alla fine, a dire il vero, un po’ stanchino sì, lo era. Uno dei più grandi e giovani nuovi talenti della NBA era appoggiato, nella rimonta, dal più vecchio in campo e tra i più vecchi della NBA, Jason Terry (8+4, sua la tripla del primo sorpasso 80-78, e anche quella che aveva dato speranza, per il punto 87) e da Middleton (19-4-5 e 2 rec, 3/5 da 3: uomo fondamentale dei Bucks, che hanno iniziato la loro rincorsa ai PO nel momento in cui, a fine Febbraio, KM è tornato in campo dopo il ko del ginocchio in presaeson). Entrava in gioco anche il pubblico, che riusciva a tirarsi dietro l’indolente Greg Monroe (6+7 e +11 di plus/minus, migliore tra i suoi). Sul 90-87 Antetokounmpo, forse reso poco lucido dalla perenne presenza in campo, andava per il canestro da 2, ma aveva lasciato passare troppo tempo: mancavano solo 3.5 secs. Fallo, i Raptors mettevano i liberi: 92-89 con 3.1 secs da giocare. La rimessa era importante, perché, volendo, il tempo per pareggiare c’era. Ed ecco la disabitudine esigere il suo prezzo: casino totale per rimettere il pallone in campo, e boccia consegnata a Toronto, con DMDR che festeggia facendo volare la palla altissima: i secondi saranno finiti prima che tocchi terra. Avanzano alle Conference Semis i ragazzi di coach Casey: trovano i Cavs. Prevedo sangue sudore e lacrime.

 

FEDEX FORUM, MEMPHIS. SA SPURS 103 – MEMPHIS GRIZZLIES 96

La serie più calda nei post-partita, questa. Soprattutto per le dichiarazioni di coach Fizdale, multato anche di un trentamila dollari, incentrate su quanto i refs stessero danneggiando la sua squadra. In effetti non si può negare che, nel corso delle 6 gare, ci siano stati fischi (e non fischi) a favore degli Spurs a causa del fattore “noblesse oblige”, ma nel complesso nulla di eccezionale. I Grizzlies sono usciti 4-2, vendendo carissima la loro pelle di orsi, e confermando, nell’eliminazione, ogni loro pregio e ogni difetto. Rimbalzi innanzitutto: nei 16 mins tra i 4 finali del secondo quarto e l’intero terzo quarto gli Spurs hanno conquistato ben 11 reboff, e 16 sono state le caramelle offensive totali. Dopo l’emorragia appena descritta, Memphis ci aveva messo una pezza, e non aveva più concesso nulla sottto il proprio tabellone, fino al reboff decisivo di Kawhi (dopo tocco di David Lee) a un minuto dal termine. Altro difetto: come tutte le squadre molto portate a giocare sull’emozione e sulla grinta, spesso i Grizlies attraversano lunghe siccità offensive, e nei PO questi momentacci difficilmente sono perdonati. Stanotte, dopo aver raggiunto il + 10, Memphis si è offensivamente arenata, subendo due parziali sfavorevoli di 11-4, l’ultimo dei quali a partire da 2:49 alla fine, quando due liberi di Marc fissavano il 92 pari. Raccontiamo la gara tramite i protagonisti. MARC GASOL: lo Spagnolo ormai è un esterno aggiunto più che un lungo, e i suoi dati a rimbalzo non sono oggettivamente difendibili; inoltre, quando le cose si fanno dure, tende, in attacco, ad abusare di tiri in allontanamento, in particolare il Nowitzkiano tiro cadendo indietro su un solo piede: 18-5-6 con 5/12 dal campo non è una prestazione che possa trascinare alla W in Gara6 dei PO. DAVID LEE (7-6-1): quintetto di nuovo per lui, e alla fine dei conti, esaminando anche le pieghe della gara, ha avuto quasi la stessa importanza di Kawhi. Ha fatto lui le tre difese decisive negli ultimi 169 secs: buono su Gasol, da antologia in quella su Randolph. VINCE CARTER (12-2-4 e 1 rec): verso la fine del primo tempo, ha avuto un momentaccio: tre falli in tre azioni consecutive, difesa-attacco-difesa. A parte questo, commovente e redditizio, anche in difesa su Leonard, ammesso che in questo periodo storico Leonard possa essere contrastato da chicchessia. Il commentatore dei Grizzlies ha detto, iniziando la gara: Game6, the Stars got to shine; Vincredible lo ha fatto a 40 anni e 3 mesi, e per testimoniare la dedizione e la concentrazione, il “belief” che ha messo in questi PO, ricordo solo che nella seria ha avuto 8/8 ai liberi a fronte di un non mostruoso 75% in stagione. KAWHI: tenendo solo gli ultimi 2:49, ecco quel che questo incredibile giocatore ha fatto. 4 assists (3 per Parker e uno per Lee), due rimbalzi tra cui quello in attacco decisivo sopra ricordato, 2 pti su tiro libero: 10 su 11 pti di SA dalle sue mani. Se vi serve altro, ecco i totali: 29-9-4 con 3 rec. PARKER: potrebbe farci una pernacchia e dirci “Visto uomini di poca fede? Mi stavo solo riposando”. Gara 5 e soprattutto questa Gara6 sono state le sue migliori in stagione, e non ci si può che inchinare davanti a uno che gioca maluccio quasi tutto l’anno per piazzare la migliore prestazione nell’elimination game contro una squadra tostissima; e che migliore: 27-2-4 con 11/14. MIKE CONLEY (26-2-5): Mike figlio di Mike è il vero punto fermo della franchigia. Lui e coach Fizdale sono gli uomini che daranno le direzioni per i successi futuri, che vanno però preparati in fretta, dato che sono tanti i giocatori anzianotti, e altrettanti quelli che non hanno margini veri di miglioramento, nel roster. Gli Spurs battono Memphis, la eliminano vincendo Gara6 dopo esser stati in vantaggio per meno di metà gara, dunque col cinismo delle grandi. Li attendono però i Rockets, contro i quali SA non potrà permettersi gli stessi balbettii avuti vs i Grizzlies.