Ecco chi si merita il posto 13 nelle due rispettive Conferences.

EASTERN CONFERENCE #13: NEW YORK KNICKS. La competizione serrata per i posti da 7 a 13 nella Eastern vedrà almeno 5 squadre fallire la stagione senza particolari demeriti. Una di queste, secondo noi, saranno i NY Knicks. Dopo un’annata decente fino al licenziamento di coach Derek Fisher, e poi precipitata nella farsa, i Knicks si presentano al via nel 2016 con una netta partizione tra quintetto (da competizione) e panchina (cortissima). D-Rose e Brandon Jennings sono due nuovi acquisti di pregio e prestigio, così come solido è il nuovo occupante dello spot di sg, Courtney Lee (però Afflalo era meglio). Il reparto guardie è completato al momento da due “parenti di”: Sasha Vujacic, ex marito non dopato di Maria Sharapova, e Justin Holiday, fratello maggiore e più scarso di JRue. Melo e quasi stop al capitolo ali, perché, pur celebrando l’entrata nella NBA di un giocatore europeo di culto, Mindaugas Kuzminskas (aka, il Mancinelli lituano), né lui né Lance Thomas sono una garanzia assoluta per una squadra che dovrà sudare e lottare tutte le 82 partite per sperare nei PO. Il centro sarà Jo Noah, reduce in primis da un infortunio, e in secondo luogo da una stagione per nulla brillante: dovrà dimostrare di saper essere determinante anche al di fuori del sistema di gioco di Thibodeau. Il suo cambio principale potrebbe essere, con lo spostamento di O’Quinn a pf, lo Hernangomez maggiore: Willy; il reparto è completato dal terzo Plumlee approdato nella Associazione: premio ai genitori per la costanza (un altro 2:13 e un’altra M: Marshall). Il 4 titolare, ovviamente, sarà The Unicorn, alias Kristaps Porzingis, Rookie of the Year onorario e ago della bilancia non solo della squadra ma soprattutto degli umori di tifosi e stampa, che a NY sono severi e tendenti al pessimismo. Il pessimismo è aumentato dal fatto che il GM e G-Tutto della franchigia, Phil Jackson, sembra aver (lecitamente) intrapreso la via del progresso graduale: parola che a NY viene immediatamente e univocamente letta come “troppo lento”. Anche l’assunzione come nuovo coach di Jeff Hornacek fa parte della gradualità: ma a NY viene enfatizzato il fatto che, nella precedente esperienza a Phoenix, Hornacek non solo non ha mai raggiunto i PO, ma addirittura, nella ipercompetitiva Western Conference delle annate 2012-2014, ha dovuto subìre il record di non essere andato alla post-season pur avendo un record al 60%. Cose che né Spike Lee né la feroce redazione sportiva del NY Times vedono come pregi. La gradualità, inoltre, è di certo nemica della carriera di Melo: il prodotto di Syracuse ha scelto le Olimpiadi perché ormai deve aver abbondantemente capito che Anelli, per lui, non ce ne saranno. PAYROLL: è di 100 milioni (14’ totale, 8’ ad Est) per un buon 80% costituito dallo stipendio dei 5 starters: sia la posizione rispetto alle altre franchigie sia la distribuzione interna degli stipendi rispecchiano la filosofia di sviluppo intrapresa da Jackson. La buona notizia è che nessuno andrà in scadenza prima del 2019 (Melo), e quindi, considerando l’aumento per due anni del salary cap previsto grazie al nuovo contratto televisivo, i cinque in questione possono sperare di vedersi meglio spalleggiati in futuro.

WESTERN CONFERENCE #13: NEW ORLEANS PELICANS. La dicitura “roster completo” proprio non si addice ai Pelicans, fin dalla scorsa stagione, travagliatissima. Quest’anno il primo pezzo è stato perso ancor prima dell’inizio del training camp: la tragedia che ha colpito la moglie di JRue Holiday ha fatto uscire il giocatore, momentaneamente ma a tempo indeterminato, dalla mischia; è un colpo bruttissimo per le speranze di successo della franchigia. E’ vero, dispongono in coach Gentry di un allenatore Campione 2014 come vice di Steve Kerr, e dispongono del futuro MVP della NBA in Anthony Davis il MonoCiglio. Recentemente i Pelicans hanno aggiunto al loro roster Lance Stephenson. L’iniezione di talento è considerevole, ed era assolutamente necessaria, ma anche l’addizione di follia non è da tenere in poco conto, perché se Lance è soprannominato “il Pazzo”, un motivo ci deve essere. In ogni caso, se Stephenson è quello buono visto nel 2014 ai Pacers, e parzialmente lo scorso anno dopo l’approdo a Memphis, darà una corposa mano. Però, a parte le speranze legate al rendimento del rookie-meraviglia Hield, alla possibile definitiva esplosione di Langston Galloway libero dai vincoli di minutaggio che aveva ai Knicks, e a quelle appese al fisico fragilissimo del sontuoso Tyreke Evans, il resto è composto di gregarioni che difficilmente potranno elevarsi a protagonisti. Gee, Pondexter, Dantae Cunningham, Solomon Hill, E’Twaun Moore sono buoni giocatori, come Asik o Ajinca, ma nessuna vera scintilla giungerà da loro, che possono completare più che creare. L’arrivo di Terrence Jones, un Tristan Thompson in chiave minore, dichiara definitivamente che l’intenzione è quella di allontanare The UniBrow dal canestro, operazione su cui da sempre nutriamo dubbi; confermata, però, anche dalla partenza di Ryan Anderson, il paradigma dello stretch-four, giocatore ottimo ma anche possibile equivoco tattico. Come possibile sorpresa segnaliamo Tim Frazier, pg 26enne, progettata star quando entrò a Penn State e poi frenato da un terribile infortunio. Però con tenacia è tornato, e di sicuro he got game. PAYROLL: si aggira sui 100 milioni, perché dai dati ufficiali mancano ancora i contratti di Stephenson e Galloway. In ogni caso, lo sforzo è stato fatto, ed è andato a buon fine: i Pelicans son riusciti a trattenere Anthony Davis, e, coi contratti che girano ora, lo hanno fatto a un prezzo decisamente eccellente, pagando lo straordinario prodotto di Kentucky solo 120 milioni in 5 stagioni. Destano sensazione invece gli 11 annui di Asik e Hill, ma altra buona notizia è che finalmente si sono liberati del peso del contratto folle concesso a Eric Gordon nel 2012, per impedire che andasse ai Suns: una scelta pessima, che infatti è stata ulteriormente punita dal destino, coi continui infortuni avuti dal giocatore.