Siamo arrivati all’ultimo quarto con La piccola provincia, i progetti futuri e… qualche curiosità. Ma non dimenticare gli altri 3 quarti con Il 2014 e il ruolo della scrittura (1°/4) e Il desiderio di essere come tutti (2°/4) e Lo sport e il basket (3°/4)

Sei nato e cresciuto a Caserta, nel tuo libro ne parli diffusamente. Oggi che vivi a Roma, com’è cambiato il rapporto con la tua città d’origine?

«E’ un pò la stessa cosa che ti ho detto relativamente al basket. Il legame è forte, però ho avuto necessità di distacco. Ora forse con questo libro ci ho fatto un po’ pace, infatti istintivamente lo Strega l’ho dedicato alla città, perché mi sembra che il legame sia più forte dell’odio. L’odio in realtà si esprime poi per tutte le cose che ami, perché è stata una città che è stata per me molto bella, ma molto faticosa, una città che mi ha dato tantissime cose, ma me ne ha tolte altrettante, anche rispetto a quello che volevo fare. Mi sembrava di stare un po’ fuori dal mondo. Ho un rapporto molto difficile, quando vado a Caserta mia madre dice che sono la persona più nervosa del mondo, perché sento che c’è qualcosa che mi inquieta, rivedo i miei amici… insomma è un rapporto un po’ problematico. E’ un po’ un amore-odio, ma secondo me c’è un amore-odio nei confronti dei genitori, nei confronti degli amici dell’infanzia, un amore-odio per tutto ciò che hai vissuto in maniera totale e che per questo rappresenta qualcosa di molto forte».

Quanto ha influito la realtà di provincia nella tua formazione?

«Tantissimo, e infatti ne scrivo ancora. Io credo che nel provinciale ci sia una forza letteraria enorme, la letteratura italiana del ‘900 è fatta da provinciali. Tutti gli autori che cito, Parise, Calvino, la Ginzburg sono tutti provinciali. Io credo molto a quest’idea che dalla provincia arrivi una forza e la conferma è anche nei fatti: i miei sono i libri di uno di Caserta che va per il mondo. Forse io ho sostituito con i libri un amore concreto reale, come se dicessi che Caserta non tanto la voglio più vivere, però poi nei libri torna sempre».

A parte tutti gli incontri di presentazione e i dibattiti sul tuo libro, a cosa ti stai dedicando adesso?

«Adesso sto lavorando ad un nuovo libro piccolo e poi sto scrivendo per il cinema, però per il cinema non si dice mai cosa, perché il cinema è un mondo problematico. Capita che una cosa che scrivi poi non si fa e quindi meglio non parlarne».

Per concludere, nel tuo libro parli di tante persone della tua famiglia. Come hanno reagito dopo la lettura? C’è stato qualche incidente diplomatico, qualcuno che non ti rivolge più la parola?

(Ride) «No, no, anzi… Devo dire che hanno reagito bene, non so, credo che forse gli sia piaciuto il libro e quindi ci si sono ritrovati, almeno così mi sembra. Poi sai, la letteratura ha la capacità di sostituirsi alla realtà, quindi tante cose che sono scritte nei libri a un certo punto diventano dei fatti realmente accaduti anche se non sono poi veramente andati così. A me sembra che abbiano reagito bene, o se hanno reagito male non me l’hanno detto. Mi parlano ancora tutti».

Per farci una risata… c’è stata qualche domanda in questa intervista che ti ha dato fastidio o a cui ti è pesato rispondere?

«Assolutamente no! (ride ancora). Anzi, metti in piedi temi come Caserta e il basket che a me stanno molto a cuore, ma di cui non amo troppo parlare per i motivi che ti ho detto prima, perché sono troppo grossi… Mi ha fatto piacere affrontarli».

Un po’ di tempo fa avevo letto un’altra intervista a Francesco Piccolo, rilasciata a Vanity Fair. In quella circostanza aveva detto di non aver mai affrontato un percorso di analisi perché i suoi “grumi”, le cose irrisolte, non doveva risolverle, doveva scriverle.

Una frase che mi aveva colpito, perché Francesco non mi dava l’idea di qualcuno con grumi da sciogliere.

Lo confesso: prima di incontrarlo, ne avevo perfino un po’ soggezione. Forse l’idea di parlare con il vincitore del Premio Strega, la consapevolezza di affrontare temi complessi come la politica, magari anche solo il suo aspetto imponente, il vocione, lo sguardo profondo e penetrante. Ma la peculiarità di chi è una gran persona al di là del suo personaggio sta nel coraggio di confrontarsi con le proprie fragilità. Questo incontro e questa chiacchierata mi restituisce un Premio Strega forte e solido, ma anche profondamente e squisitamente umano. 

Se ti sei perso i precedenti appuntamenti con Quattro Quarti clicca qui