Sembra che ci sia, anche nell’ambiente televisivo, la paura di trasmettere informazioni utili (ma anche assimilarle)  per una prosecuzione costruttiva del lavoro, motivata dalla paura di essere sorpassati o sostituiti o addirittura eliminati. Purtroppo questa cosa non è del tutto infondata visto cosa insegnano ai nuovi manager e cioè spendere meno soprattutto tagliando e non costruendo in prospettiva. Che c’entra col basket è presto detto: ho passato il fine settimana in casa, trafficando e arrabattandomi nelle occupazioni che tutti più o meno facciamo quando non siamo impegnati col lavoro.

Tra una cosa e l’altra mi sono visto le partite messe in onda dalla Rai, soprattutto (fuori dal lavoro sono tifoso come chiunque) quel Pistoia vs Milano che ricorda i quarti di finale dell’ultimo campionato. Pensavo di aver visto già il minimo sindacale nelle riprese di una partita (non parlo di errori, ma di narrazione di ciò che succede in campo) in altre occasioni, ma mi sbagliavo.

Lunedi si è visto forse meno dell’indispensabile: durante il gioco si è visto quasi sempre quel che si deve vedere. I time out sono stati prevalentemente usati per simpatici volti di spettatori, non preoccupandosi minimamente di quello che accadeva in panchina. Può anche essere una scelta registica, però poco pertinente nel racconto di un evento. Formati delle inquadrature fuori dalla messa in onda (cioè quello che vedete durante i replay) poco guidati  e spesso fatti vedere  random, cioè non scelti, solo mandati in onda e c’è una grossa differenza tra le due cose. Puoi anche fidarti, non guidando gli operatori nella scelta, solo se questi sono tra quella decina che in Italia conoscono il gioco meglio di alcuni allenatori. Lunedì non era così. Ma attenzione, non è che lunedì 12 ci fossero combinazioni astrali nefaste: se ruoti continuamente registi, troupe tecnica, cameramen e i giornalisti sono 2+2 non supportati redazionalmente da quasi nessun altro collega, e se questa rotazione (a parte gli interni Rai) è fatta al ribasso degli ingaggi, scremando quindi in base a principi non certamente qualitativi il risultato non può che essere questo.

E’ vero che è storia di tutte le aziende, quello di cercare di risparmiare, ma c’è un limite, soprattutto in un lavoro come la televisione dove il personale deve essere altamente specializzato (e quindi retribuito). E’ storia vecchia : l’unico modo per ottenere un risultato accettabile in questa come in tutte le cose, è far lavorare persone con continuità in modo che si crei un gruppo di lavoro con quel che consegue. La squadra non deve essere solo in campo…