Il tanto temuto contagio è arrivato, con la sua coda di problemi, ansie, fake news e credenze assortite. Non è certo l’Armageddon e non si palesano scenari da “Resident Evil”, ma rimane comunque una patologia subdola e pericolosa per chi ha già una salute scricchiolante. Allora giusto ascoltare i Virologi (non i social media) e tentare di contenere l’epidemia, cercando di limitare contatti di massa tra le persone, anche se tutto questo tende a suonare quasi stonato nell’era della (a)socialità da smartphone. E la nostra amata palla a spicchi? Fatico a ricordare luogo più “sociale” di un palazzetto dello sport: migliaia di cuori stretti a soffrire, gioire, sudare ed abbracciarsi accanto ai propri beniamini, sbattendosene (perdonatemi il francesismo) di qualsiasi norma di bon ton, figurarsi una qualsivoglia profilassi sanitaria . E quindi? Beh allora ci si ferma, come il Santo calcio e tutti gli altri spettacoli. Peccato però che il basket Italiano sia, parimenti ai più duramente colpiti dal virus, in salute precaria e solo accennatamente in ripresa, senza i polmoni economico/social popolari belli grandi e sani come quelli dei “cugini ricchi”. Non ci si possono permettere lunghi stop e ancora meno partite a porte chiuse. Il protrarsi dell’allarmismo poi, anche in caso di ritorno ad una pseudo normalità, permetterà ai palazzetti di stiparsi come prima? Visibilità in picchiata, sponsor ala finestra ma pronti alla fuga o quantomeno bloccati nell’allentare i cordoni della borsa. Per le tante società italiane in difficoltà potrebbe davvero diventare un Apocalisse; bisogna quindi trovare ancora più velocemente di prima, una figura forte, esperta di marketing, gestione e programmazione per rilanciare immagine ed appetibilità di uno sport bellissimo e con tanto seguito potenziale. Qualcuno che nel nome del Basket, ma anche dello sviluppo del mercato collegato, possa unire tutte le attuali fazioni. Con umiltà e senza voler scomodare nessuno, ci prermeteremmo di dire, uno come Claudio Coldebella.