Dunque, il 22 Aprile ci sarà un incontro tra Petrucci, il neo-Presidente di Lega Egidio Bianchi (benvenuto, neh?) e i rappresentanti delle 3 squadre italiane “incriminate”.

Ufficialmente tutte le parti si dichiarano pronte a discutere proficuamente per risolvere il problema creatosi per il diktat di FIBA Europa, accolto da FIP. Conoscendo le cose del mondo, una simile introduzione prelude a un molto probabile “tarallucci e vino ending”. ReggioEmilia-Trento-Sassari faranno un pasito atràs, senza che sia chiaro chi, come e in che direzione farà il pasito pa’lante.
In un rapido giro panoramico delle opinioni sulla contrapposizione che sta minando il basket italiano, è possibile individuare posizioni di ogni tipo. Le più frequenti sono quelle che polarizzano la questione in buoni-cattivi, ovviamente. Altre, meno di quante ci aspetteremmo, onestamente, esaminano le conseguenze non immediate e le potenzialità che in questo conflitto sono insite. Si dice in giro, per esempio, che la Eurolega sia un campionato chiuso che prescinde dal merito e svilisce il Merito nelle competizioni nazionali. Questo perché, per esempio, Avellino NON farebbe l’Eurolega se arrivasse in Finale e nemmeno se vincesse il Campionato. E’ vero: l’Eurolega è un campionato chiuso, ma non blindato, e il merito sportivo è profondamente insito nel DNA della creatura di Bertomeu. E’, soltanto, differente la tempistica con cui il merito viene registrato. All’Eurolega, detto in termini brutali, non importa nulla che X vinca un Titolo, magari indebitandosi fino al collo, magari comprando partite, magari mettendosi in posizione da rendere inevitabile il fallimento la stagione seguente. Bertomeu privilegia il lavoro per cicli, garantendo, a chi si comporta bene per 5 anni, o 4, o anche 3 (la griglia dell’Eurolega è tanto analitica quanto flessibile), la possibilità di partecipare per più di una stagione, come accade per esempio a Milano. La posizione federale (FIBA e FIP) è invece fondata sul breve respiro: vinci il Campionato, fai la Coppa dei Campioni; è posizione molto più agevole e fruttuosa, anche in termini elettorali: uno scudetto ogni tanto alla Piccola di turno amplia il campo della fedeltà e dei voti nei vari Consigli Federali, e poco importa se la società in questione si condanna a un periodo gramo pur di fare lo sbarco europeo (questo schema è quello che portò il Chievo alla doccia scozzese ChampionsLeague+retrocessione). In un panorama come quello degli ultimi anni, in cui nel campionato italiano tantissime società sono fallite, scomparse e poi ricreate, svanite e poi riplasmate, diventate Fondazioni, morte insieme alla Banca che le sosteneva e nello stesso tempo le uccideva….il breve respiro ci sembra l’equivalente di un’aggiunta di cianuro ad una pozione di cicuta. Il medio-lungo respiro dovrebbe esser privilegiato. Nel precedente articolo al riguardo, abbiamo preso a esempio il campionato LNP, che ha 32 partecipanti e partorirà una sola promozione. L’EuroLega, by the way, è infinitamente più inclusiva di così. La cosa che ci preme di ribadire è che la scarsa osmosi, che vale non solo verso l’alto ma anche verso il basso, ha creato un Campionato che si è rivelato spettacolare, intenso, spesso meglio giocato della SerieA Beko, e con la possibilità, per le società, di programmare sulla base della lunghezza delle proprie gambe, senza eccessivi patemi di retrocessione e senza eccessive pressioni per la promozione. Certo: non retrocedere e vincere il ticket per il livello superiore sono ovviamente il fine di ognuna delle 32 squadre, ma il livello tecnico raggiunto è figlio della possibilità di sperimentare ed applicare, e del basso livello di rischio presente in LNP. Un campionato chiuso, insomma, il cui turnover, nel corso di un quinquennio, sarà numericamente determinato molto più da fattori economici (fallimenti, palazzetti, merchandising) che da meriti sportivi (promozione e retrocessione). Resta insomma misterioso, se non per motivi economico-elettorali, il diktat delle Federazioni (FIBA e FIP), e tutte le minacce che ne son seguite. Anche perché una doppia Coppa dei Campioni è già esistita, per poi ricomporsi e lasciar spazio al prodotto davvero vincente. Agganciare la responsabilità del destino dell’isolamento internazionale del basket italiano, o della candidatura di Roma2024, come adombrato da FIP e CONI, al destino dell’attuale conflitto in corso è quanto mai ingiusto e ricattatorio, perché, di fatto, viene impedita la discussione e si butta la croce addosso alle tre società. Di fatto, si impedisce che il progresso che potrebbe celarsi dietro questo momento di litigio e crisi possa anche solo venire esaminato. Ieri abbiamo scritto che i palazzetti e i vivai non sono della FIP, non sono della FIBA. Oggi scriviamo che il campionato chiuso, ad inviti, ad iscrizione controllata, chiamatelo come vi pare, non è Satana. Anzi.