NBA Finals, #1. ORACLE ARENA, OAKLAND. CLEVELAND CAVS 89 – GOLDEN STATE WARRIORS 104

Finalmente sono inziate. Le Finals. Cominciamo dai suoni: la voce di velluto di John Legend che propone una versione un po’ diversa e molto bella dell’Inno, e poi le presentazioni delle squadre, coi Cavaliers che escono dalla loro panchina avendo in sottofondo, ironizzata da una orchestrazione “a marcetta”, la musica che in Guerre Stellari accompagna l’apparizione delle Forze Imperiali; immediata equazione Cavs = Orde del Male. Poi i record: ce ne attendiamo altri durante questa serie finale, intanto iniziamo con 2. LBJ è l’ottavo giocatore a comparire in 6 serie di finale consecutive, ed il primo non-Celtics: tutti gli altri 7 infatti hanno fatto parte di quella epopea leggendaria di Boston, quella della squadra degli 11 Anelli in 13 anni. Anderson Varejao è il primo giocatore nella storia a comparire alle Finali dopo aver giocato durante la stagione in entrambe le finaliste; scambiato dai Cavs è arrivato a GS via Blazers, e così stabilisce un record da nomade dopo averne stabilito, nel 2013-14, uno da principe degli stanziali: alla firma della sua estensione coi Cavs era diventato lo sportivo (tutti gli sport) più fedele di sempre (10 anni) nel giocare per una squadra della città.
All’inizio la gara è come da attese, abbastanza equilibrata con GS avanti. Love non si sottrae ai suoi compiti difensivi, li svolge anzi abbastanza bene (addirittura un paio di quasi recuperi sul palleggio di Steph), ed LBJ non guarda nemmeno l’arco dei 3 punti, segnando sempre nel pitturato, da una distanza media di 55 centimetri (credeteci: meraviglia delle stats NBA) nei primi 5 canestri. Mancano due cose, però. Uno: chi si era abituato a guardare il basket delle Western Finals controlla se la TV o il pc facciano i capricci, perchè tutto sembra ovattato, non c’è la stessa intensità, Cleveland non aggredisce gli Warriors come facevano i Thunder. Due: JR Smith; annullato in attacco in quanto sbattuto ovunque in difesa, oppure viceversa, a vostra scelta. Sta di fatto che JR per due volte, non trovando spazio sull’arco, prova una isolation (il resto della squadra totalmente fermo in situazioni di iso è stato uno dei punti debolissimi dei Cavs stanotte) in palleggio, ma tratta male il pallone e lo perde: tirerà per la prima volta a 1:50 dalla fine della prima metà, e poi appena iniziato il terzo quarto, e saranno due padelle. Dal punto di vista difensivo, stesso disastro: subisce in post-basso da Barnes, aiuta maldestramente due volte creando spazio per due triple, una di Steph una di Dray-G, rimane un’altra volta sul proprio uomo invece che cambiare con Love, e Bogut deposita solitario al centro del pitturato. Un pochino mancano anche i fratellini Splash: Steph infila due triple, Klay ripete le partenze lente ormai di prammatica, e insomma al riposo hanno 10 punti tra tutti e due, e % di tiro sotto al 25 (4/17). Il punto per i Cavs è che intanto che arriva l’intervallo LBJ ha iniziato a mandare gli sguardini ai compagni che sbagliano, ha inziato a non avere pazienza in attacco (prende due long-two che si affievoliscono sul ferro), mentre la panchina o gli uomini meno inondati di luce di GS viaggiano alla grande: 9 per Barnes (4/5 con un and1), 7 Livingston (3/3 con un and1), Bogut 8 (4/5 immediatamente mutato in 5/6 a inizio terzo quarto), Barbosa 7 (3/3 con una tripla), e aggiungiamo anche Dray-G a 8, con brutte % ma 2 triple che riempiono di gioia Kerr, perchè sono esattamente frutto del gioco che il coach vuole per i suoi Warriors: Steph che libera il campo, rotazioni buone ma non perfette e open-look per la tripla. Il -9 Cavs at the half è passibile di doppia lettura da entrambi i lati: sopra solo di 9 con quasi il 55% globale al tiro (ma in pratica gli Splash ancora non pervenuti) per GS; sotto in single digit nonostante % nettamente inferiori e un paio di giocatori, JR e Frye, di fatto inesistenti per i Cavs (MA hanno avuto Love al massimo possibile in difesa per lui e discreto in attacco, MA hanno avuto già 15 da Kyrie, MA LeBron ha già la faccetta, sì…). La seconda metà si apriva come la prima, con un solido ma non decisivo vantaggio GS: continuavano però le brutte % degli Splash (si arrivava a 5/21), e calava l’intensità dei Californiani, mentre, parallelamente, cresceva l’autorità dei Cavs, che riuscivano a trasformare la gara in un confronto sulle rispettive metà campo, togliendo rimbalzi e quindi transizione ai ragazzi di Kerr. Ancora sopra di 4, Kerr chiamava TO e rompeva dalla rabbia una delle lavagnette (sembravamo giocare una partita di Novembre non una di Giugno, dirà), facile indovino di quel che sarebbe accaduto di lì a poco: sorpasso Cavs. Prima 65-64, poi 67-66, grazie a 7pti di Kyrie, 5 di LBJ e a un and1 di Love, che catturava anche rimbalzi e difendeva, emergendo come il più efficiente complessivamente per i suoi. A 4:27 dalla fine del terzo quarto, la mossa che decideva la gara: Kerr toglieva Klay, inseriva Livingston e poi tutta la panchina. Il quintetto Livingston-Barbosa-Iguodala-Barnes-Green (con episodiche apparizioni, nel frangente, di Steph e Klay) rompeva definitivamente gli equilibri. Se avete letto la nostra preview, saprete che avevamo sottolineato come l’attacco dei Cavs fosse obbligato a essere costante invece che altamente produttivo e poi improduttivo, e che contro gli Warriors più che contro ogni altra squadra della storia sia fondamentale una % anche bassa, come un 3/9, ma formata da tre volte 1/3 e non da 0/6 e poi 3/3: è proprio questo l’errore in cui son caduti i Cavs. Dal 68-67 sono stati seppelliti 37-21, con un parziale, iniziato con l’entrata di Livingston e sublimato da due triple consecutive di Steph e poi Klay, di 29-8 per il +20 Warriors: 76-96. Oltre che dalla panchina di Golden State, il parziale era alimentato anche da 3 triple e due long two (a segno di tutto ciò solo uno dei tiri da 3) di uno spazientito e teatrale LBJ. Dominante la seconda unità di Golden State, con Livingston a 20-4-3 con 8/10, una spanna (anche fisicamente) sopra a qualunque difensore abbia provato a fermarlo, e Barbosa (11 con 5/5 fra cui una tripla) incapace di sbagliare. Iggy (12-7-6 con una stoppata, un recupero, nessuna persa, grande difesa e 2/4 nelle triple, forse il vero dato killer dal punto di vista dei Cavs) si è messo in modalità Finals e proverà a ottenere il titolo di MVP come lo scorso anno, Bogut ha segnato stanotte (10) quanto nella intera serie di finale del 2015, e Barnes (13 con 6/10 e grande difesa) si conferma giocatore di utilità straordinaria, oltre che dimostrazione plastica del concetto di Silent Dagger. I Cavs se ne tornano in albergo lasciando una brutta sensazione: è solo la prima gara, ma stanotte non sono apparsi una squadra legata, come dovrebbe esserlo chi ambisce all’Anello. Le faccette di LBJ (che tra terzo e quarto periodo è stato inquadrato in panchina mentre si esibiva in smorfie addolorate come nemmeno una Maddalena rinascimentale sotto la Croce, in ogni caso 23-12-9), la timidezza mentale di JR Smith (primo canestro una tripla a 4:37 dalla fine), e quella fisica di TTT (10+12, ha lottato, ma senza uscire mai davvero vincitore da nessun confronto atletico) lasciano pensare: io pronostico molto più Dellavedova in campo. Lue penserà che i suoi non hanno fallito l’approccio tattico o tecnico, ma quello mentale e agonistico, e quindi proverà a mandare in campo adrenalina, durezza, un po’ di rissa in perenne agguato. In ogni caso, giù il cappello davanti alla gara di Kevin Love (17-13-2), senza dubbio il migliore per i Cavs. Parlavamo di record in arrivo? Eccoli: career high di Livingston nei PO, e career low assoluto degli Splash Bros: 20 punti sono di gran lunga meno del loro low precedente, 29.