Stanotte iniziano le Finali NBA 2016. Golden State Warriors e Cleveland Cavs si ripresentano per la rivincita dello scorso anno.

Cleveland ha più differenze rispetto alle Finals 2015: Kevin Love e Kyrie Irving sono della partita, coach Blatt è stato sostituito da Tyronn Lue, e il centro titolare dello scorso anno, Mozgov, è ormai abbonato alla sigla DNP, perchè il suo posto è preso stabilmente da TTT. Gli Warriors invece hanno Varejao in più, preso proprio dai Cavs ma con minutaggio marginale, ed un anno di esperienza e perfezionamento guadagnati all’interno del loro sistema di basket.
Teoricamente la serie dovrebbe essere ancora più equilibrata, ma vorremmo ricordare che le 6 partite del 2015 furono frutto di un sacrificio fisico ai limiti dell’umano da parte dei Cavs: per molti medici un sacrificio addirittura oltre i limiti dell’umano, se è vero che in un convegno di medicina sportiva tenutosi un mese dopo le Finals, lo sforzo compiuto da LBJ fu portato ad esempio come qualcosa che nessuno aveva mai compiuto. In partenza la presenza di Love e Irving dovrebbe garantire maggiori sorrisi ai Cavs di quest’anno, ma sarà davvero così? Di certo il roster di Cleveland è più profondo e meglio strutturato, per battere GS, di quello dello scorso anno, ma nel frattempo gli Warriors non sono rimasti con le mani in mano, e hanno ulteriormente affinato e sviluppato il loro gioco. A tal punto da rendere forse inefficaci i miglioramenti dei ragazzi dell’Ohio.
Certo, vedere un quasi nanerottolo sparare e imbucare tiri da 9 metri è la parte ludica, bella, divertente del gioco degli Warriors. Ma non è esibizionismo nè frenesia estetica. Ci sono notoriamente 3 modi di difendere sul pick and roll: cambiare (quel che han fatto con profitto fino a Gara5 i Thunder nella Western Final), show-recupero-contenimento, passare sotto (scelta da escludere quasi sempre e di certo vs GS). Se Cleveland vuole vincere il Titolo, la difesa sul p’n’r è la prima cosa cui pensare, e in questo senso diventa fondamentale il ruolo di Kevin Love. Il Californiano è un difensore sotto la media, però capace di giocare in questi PO una difesa nella media. Il progresso è lieve ma fondamentale, perchè toglie dalla canotta di Love quel simbolo a cerchi concentrici bianchi e neri comunemente noto come: bersaglio. Poter tenere in campo Love significa, per Cleveland, poter avere un significativo cannone (soprattutto nelle triple, perchè le % da 2 di Love sono al limite del disastro) con cui fronteggiare le raffiche degli Warriors. Il nodo centrale è: quanta strada? Quanta strada può percorrere Love in difesa nel momento in cui si adopera per contenere il tiro/la penetrazione del palleggio, e poi per recuperare sul bloccante sia che esso vada a canestro o si apra sull’arco? Sarà necessario che Love ne copra tanta, perchè è arrivato il momento di tornare ai tiri da 9 metri. Abbiamo visto con gran frequenza Klay e Steph prendersi tiri da distanza pazzesca per gli umani, e imbucarli: per loro sono tiri di routine, e rendono il campo incredibilmente grande, e notevole la distanza che le difese devono percorrere. L’attitudine e la capacità difensiva di Love sono migliorate, così come quelle di Channing Frye (il cui vero buco nero sono i rimbalzi), e la loro capacità di rendere tollerabile per i Cavs la loro difesa è la chiave per sfruttarli oltre l’arco in attacco, onde consentire a James di non abusare del tiro da 3 ma di concentrarsi nelle cose che gli vengono meglio: penetrare e subire falli. Il vantaggio che affinando il proprio gioco gli Warriors col tempo si sono creati col poter disporre di un campo tanto grande è che la politica difensiva dello show-recupero-contenimento, che quando ben applicata lascia agli attacchi la possibilità di un tiro da 2 dalla medio-lunga distanza (il peggior tiro che un attacco vuole, tanto che Brad Stevens li ha praticamente eliminati dai suoi game plans), su spazi partenti da 9 metri dal canestro lascia agio comunque ad un tiro da 3 invece che un long-two; e il campo è talmente grande che nelle rotazioni, ammesso siano efficaci, resta sempre un uomo libero oltre l’arco. Per i Golden State Warriors e la loro celeberrima Death Squad (Curry-Thompson-Iguodala-Barnes-Green) l’uomo libero nel peggiore dei casi è Iguodala. Il rebus difensivo è dunque assai complicato per coach Lue, anche perchè, avvicinandoci a canestro, Love resta un buon difensore in post basso, ma solo quando riesce a non far tirare il proprio uomo: l’ex Minnesota infatti è di gran lunga il peggiore dei giocatori iscritti alle Finals per percentuale di tiro concessa agli avversari diretti quando questi arrivano al ferro.
In un time out di Gara7, coach Kerr (che nel diadema dei suoi tanti pregi ha di certo il più sfavillante nel sorriso e nella serenità che sa infondere ai suoi) ha detto: siamo sotto 11, la gara scorsa siamo stati anche sotto di 13 e con molto meno tempo da giocare, quindi tranquilli e godetevi la rimonta. Significa che nessuno svantaggio è troppo pesante per le fiammate di cui sono capaci gli Warriors. In questa ottica torna vero il concetto esplicitato dalle poche sconfitte di GS in questa stagione: vanno aggrediti fisicamente e non solo in difesa, ma con un attacco efficace e costante, cioè capace di infilare, per esempio, un tiro ogni 3 sempre e non 3 tiri dentro seguiti da 6 errori: percentuale uguale, ma momento e conseguente gestione opposti.
In un sondaggio condotto al loro interno, gli analisti di ESPN hanno decretato che i favoriti sono gli Warriors: 22 li danno campioni mentre solo 7 dei loro colleghi puntano su Cleveland; interessante notare che quasi nessuno ritiene necessarie meno di 6 partite: solo Tom Haberstroh ritiene vincenti gli Warriors in 5. Visto che ho sempre fornito il pronostico, dirò che il mio cavallo sono gli Warriors, e che secondo me, se saranno loro a vincere, è probabile accada in meno di 6 partite.