A Regular Season terminata ecco tre picchi e tre intoppi che hanno caratterizzato il campionato NBA nel suo svolgimento. Sei fatti che non rientreranno negli awards stagionali ma che secondo noi meritano visibilità.

Iniziamo dal TOP.

1- BOSTON CELTICS. In una stagione di tanking estremo da parte di almeno 4 franchigie merita di essere segnalato l’ennesimo miracolo del Celtic Pride. I Celtics erano partiti con tre obbiettivi per questa stagione: massimizzare il valore delle numerose scelte in loro possesso nei prossimi 4 anni, ridurre il monte stipendi risolvendo la questione del contratto di Rondo, portare a termine tutto ciò senza fare troppo schifo in stagione. Hanno realizzato i primi due scopi per merito di Ainge e hanno centrato i Playoffs da settimi ad Est per merito soprattutto di Brad Stevens. Privato prima di Rondo e di Jeff Green via trade, poi di Sullinger (in quel momento miglior realizzatore e rimbalzista della squadra) il coach ha fatto letteralmente fiorire il rendimento dei suoi a partire dalla trade dead-line. Con un gioco dal limitato uso del pick and roll e ricco di passing game e tagli ha saputo ottenere miglioramenti individuali da quasi tutti i propri giocatori, e quindi trasferire sul campo quei miglioramenti creando una vera squadra, in cui esiste un realizzatore designato (Isaiah Thomas, 16.5 ppg in stagione e 19 nella porzione bostoniana), dove altri 5 sono in doppia cifra tra 14 e 10 punti e in cui altri 2 giocatori sono a 9.5 ppg. Ai meriti della franchigia biancoverde deve essere aggiunto quello di aver dato una vera chance al nostro Gigi Datome, che, pur continuando a volte a non entrare in campo, si è potuto mettere in mostra fino a risultare il top scorer nell’ultima di stagione regolare contro i Bucks, con 22. I Celtics hanno chiuso la prima fase con 6 vittorie in fila, con una striscia aperta di 7 W fuori casa e risultando la quarta miglior squadra della Associazione dal 20 febbraio in poi. Mettendo in conto che da qui al 2018 hanno 11 prime scelte e 12 seconde scelte il futuro si presenta ancor meglio del presente.

2- EUROPEI. Lo ha detto anche Kobe: i giocatori europei ed internazionali che arrivano nella NBA sono migliori dei nostri rookies o pari età nella competenza sui fondamentali. E’ stata una grande stagione per i giocatori che arrivano nella NBA dagli altri continenti. La generazione di Tony, Pau, Dirk e Manu sta esaurendo la propria parabola, ma i sostituti sono già pronti. Marc Gasol è di certo uno dei primi tre centri della NBA, e sarà uno dei free agents più contesi questa estate. L’infortunio del brasiliano Varejao ha fatto vacillare pericolosamente i Cavs di inizio stagione, prima che l’evoluzione positiva del sostituto, il russo Mozgov, contribuisse alla bella stagione della franchigia dell’Ohio. A Washington hanno una front line tutta straniera, con Nenè+Gortat e Seraphin dalla panchina. Belinelli e Gallinari, pur in realtà differenti e posti davanti a differenti problemi, hanno stabilizzato alla grande il loro rendimento. Nikola Mirotic ha avuto una stagione da quasi-stella nella Chicago dai tanti infortuni, reggendo spesso la barca in attacco. Papanikolao aveva iniziato molto bene prima di cominciare ad infortunarsi a ripetizione. Valanciunas non è esploso come ci si attendeva, ma è il quinto miglior giocatore NBA per percentuale di tiro, e il connazionale Motieiunas può competere per il premio di Most Improved Player of the Year. A fianco del divino Anthony Davis nei Pelicans capaci di arrivare ai Playoffs hanno evoluito il Turco Asik e il Francese Ajinca. Rudy Gobert ai Jazz è probabilmente uno dei centri che segneranno il futuro della NBA, e ha piazzato prestazioni da 20+20. Sul futuro del Greco Antetokounmpo nessuno ha dubbi ai Bucks, e anche il rpesente non è malissimo…a Milwaukee dobbiamo citare il commovente Pachulia, che ha retto quasi da solo il pitturato della franchigia del Wisconsin, a causa dei problemi personali di Sanders e del non ancora completato svezzamento di Henson. In mezzo a tanti picchi ci sono anche alcune stagioni “solo” normali come quella di Bogdanovic e Teletovic ai Nets, e altre non buone, come Bargnani ai Knicks e Batum a Portland, col Francese che ha lasciato il suo tiro chissà dove: nel complesso, però, il rendimento dei non USA è stato davvero alto.

3- ALLENATORI. La categoria si sta muovendo. Pop è ancora il migliore, ma dietro di lui le gerarchie si stanno agitando e la fila di coaches che pretendono il trono dell’icona degli Spurs si sta allungando. Sono rappresentati tutti gli stili di gioco. Nel solco Spurs si muove ovviamente uno che ha contribuito a creare la dinastia texana, Mike Budenholzer sulla panca di Atlanta, N.1 della Eastern Conference. Guoco più europeo irrorato, ma non troppo, di pick and roll ai Cavs dell’esordiente, per la NBA, David Blatt: vinto tutto in Europa corre il rischio di diventare Campione al primo tentativo. Steve Kerr (e il suo staff) è l’alfiere. a Golden State, del gioco più simile al run and gun, correndo sulle ali dei magici Splash Brothers. Gioco molto classico, spesso bruttarello ma terribilmente efficace quello di Joerger a Memphis: lui è il coach N.1 nel saper cavare sangue dalle rape (per es. Courtney Lee). Jason Kidd ha visto i suoi Bucks mollare un po’ nelle ultime 20 partite, anche a causa del non perfetto inserimento di Michael Carter-Williams, arrivato a febbraio al posto dell’ottimo Knight: la stagione di Kidd è però davvero positiva, perchè non era semplice condurre a record positivo questi Bucks quasi privi di gioco interno e falcidiati da infortuni gravi (parker) e meno gravi ma frequenti; si tratta della seconda buona stagione consecutiva in contesti non ideali (leggere le dichiarazioni di Paul Pierce a proposito della dedizione al gioco di D-Wll e Joe Johnson lo scorso anno ai Nets…): Kidd è tra tutti quello che più si avvicina al concetto di allenatore-gestore, ed infatti è anche GM della franchigia. Infine, last but not least, Brad Stevens è la stella emergente: secondo anno nella NBA, primo miracolo in quel di Boston. Sono tante le novità di altissimo livello nel mondo degli allenatori NBA, e meritavano di essere menzionate.